ANALISI

La scrittura dell’AI: ripetitiva, povera e meccanica



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Sembra che il repertorio linguistico dei generatori di testo si basi su un pacchetto base, con parole selezionate per la loro frequenza e semplicità, lasciando fuori termini più raffinati, espressioni idiomatiche e tutto ciò che rende il linguaggio umano, e la lingua italiana, così affascinanti e imprevedibili

Pubblicato il 14 feb 2025

Angelica Eruli

Founder and CEO WeContent



scrittura AI

Il linguaggio dà forma al mondo e lo modella: vale per noi esseri umani che, nel corso dei secoli, abbiamo affinato la capacità di attribuire un nome a tutto ciò che ci circonda, e, a quanto pare, anche per l’AI. Certo, con una piccola differenza: mentre noi abbiamo sviluppato un vocabolario ricco, variegato e capace di sfumature infinite, l’intelligenza artificiale sembra essersi fermata a una sorta di dizionario tascabile della lingua italiana, piuttosto scarno e un tantino ripetitivo.

Nella mia esperienza nell’uso di assistenti alla scrittura come ChatGPT, Gemini e Claude, non ho potuto fare a meno di notare una verità ineludibile: la fantomatica AI, nonostante il suo nome altisonante, si distingue per un vocabolario che definire limitato è quasi un complimento. Sembra che il suo repertorio linguistico si basi su un pacchetto base, con parole selezionate per la loro frequenza e semplicità, lasciando fuori termini più raffinati, espressioni idiomatiche e tutto ciò che rende il linguaggio umano così affascinante e imprevedibile.

E non è solo una questione di varietà. C’è qualcosa di profondamente meccanico nel modo in cui l’AI usa le parole: un susseguirsi monotono di termini e costruzioni che finisce per stancare. Proprio come un disco rotto, l’AI sembra incapace di uscire dai suoi schemi preimpostati, proponendo sempre le stesse formule preconfezionate che danno al lettore quella meravigliosa – e per il momento rassicurante – sensazione di “già visto”.

La scrittura dell’AI: una sintassi artificiale e accademica

L’AI scrive frasi semplici, a volte troppo. La sua predilezione per il periodare lineare si manifesta in costruzioni basilari che, in alcuni casi, tradiscono i brutali copia e incolla di molti professionisti (o presunti tali) del settore, incapaci di elaborare un testo più raffinato. La struttura preferita dall’AI è elementare: soggetto, verbo e complemento (preferibilmente diretto), senza fronzoli e quasi mai interrotta da subordinate o frasi incidentali, elementi che conferirebbero maggiore profondità al discorso.

Non sorprende, dunque, la chiara preferenza per la paratassi, ossia la tendenza a coordinare frasi semplici tra loro – al massimo un paio – piuttosto che creare periodi articolati con subordinate. Tuttavia, è proprio questa complessità che, in molti contesti, permette alla scrittura di esprimere il pensiero umano in modo più completo e sfaccettato.

Esempio:

Preferito dall’AI: “Il gatto mangia il pesce.”
Complesso per l’AI: “Il gatto, che stava dormendo sul divano, mangia il pesce che ha trovato in cucina.”

Il “soggetto sottinteso”

Un’altra difficoltà evidente dell’AI è l’uso dei soggetti impliciti, il famoso “soggetto sottinteso”, che in lingue come l’italiano gioca un ruolo cruciale. Il contesto è fondamentale per comprendere un soggetto non espresso e questa è una capacità che l’AI fatica a padroneggiare. Per questo motivo, tende a ripetere il soggetto in modo sistematico, generando frasi ridondanti e poco fluide.

Esempio:

Preferito dall’AI: “Edoardo legge un libro e Edoardo si riposa.

Complesso per l’AI: “Edoardo prima legge un libro e poi si riposa.”

Anche dal punto di vista stilistico, l’AI mostra una forte propensione alla ripetizione del soggetto o di termini coerenti, preferendo evitare pronomi e sinonimi che variano il discorso. Questo approccio garantisce chiarezza, ma al prezzo di una scrittura monotona e poco elegante. Gli esseri umani, al contrario, tendono a variare l’espressione per evitare ridondanze e rendere il testo più dinamico e piacevole da leggere.

Esempio:

Preferito dall’AI: “Giulia va al mercato. Giulia compra le mele.

Forma complessa “Giulia va al mercato e compra le mele.”

Molti di questi vizi sintattici derivano dalla percezione di una scarsa cura nell’organizzazione complessiva delle informazioni all’interno del testo. L’AI, pur essendo in grado di generare paragrafi formalmente corretti, spesso fatica a creare un flusso logico coerente tra le diverse sezioni di un documento. Questo porta a testi che, se letti nel loro insieme, risultano frammentati e privi di una continuità argomentativa solida.

La mancanza di una coerenza testuale

Il problema principale risiede nella mancanza di una vera coerenza testuale, un elemento che non riguarda solo il corretto uso della sintassi o la precisione grammaticale, ma implica la capacità di mantenere un fil rouge lungo tutto il testo. Nei testi generati dall’AI, i singoli paragrafi possono apparire scollegati l’uno dall’altro, quasi fossero blocchi indipendenti assemblati senza un piano strutturale ben definito. Questo fenomeno è particolarmente evidente nei documenti più lunghi, dove l’assenza di riferimenti interni o di richiami a concetti precedentemente esposti penalizza la fluidità complessiva.

Un altro aspetto critico è la gestione dei connettivi logici e dei segnali discorsivi, elementi fondamentali per garantire una transizione armoniosa tra le diverse parti del testo. L’AI tende a utilizzare connettivi in modo limitato e, talvolta, improprio, il che contribuisce a dare ai paragrafi un senso di isolamento. In una scrittura umana ben strutturata, i connettivi logici come “inoltre”, “pertanto”, “d’altra parte” e “in conclusione” svolgono un ruolo essenziale nel guidare il lettore attraverso il ragionamento e nel chiarire le relazioni tra le idee. La loro assenza o un uso inadeguato compromette la capacità del testo di risultare coeso e persuasivo.

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Punteggiatura: i due punti non esistono più

Uno dei limiti più evidenti nei testi generati dall’AI è la gestione della punteggiatura e dei connettivi logici. L’AI tende a utilizzare pochi connettivi, prediligendo costruzioni lineari e semplici, che spesso risultano poco fluide o prive di quel legame logico essenziale per guidare il lettore attraverso il testo. I connettivi, infatti, svolgono un ruolo cruciale nella coesione del discorso, poiché collegano frasi e idee, aiutando a creare continuità e a chiarire relazioni temporali, causali o di opposizione. L’assenza o l’uso limitato di connettivi rende i testi prodotti dall’AI monotoni e talvolta frammentati, riducendo la capacità di costruire argomentazioni più articolate.

L’uso improprio della virgola rappresenta un altro problema rilevante. L’AI spesso inserisce virgole in posizioni errate, come tra soggetto e predicato, violando le regole fondamentali della sintassi italiana. Questa tendenza deriva dal fatto che i modelli di linguaggio artificiale apprendono la punteggiatura attraverso la frequenza statistica di utilizzo piuttosto che seguendo le regole grammaticali. Di conseguenza, il risultato è un testo che, seppur formalmente corretto in molti casi, appare rigido o artificioso, penalizzando la leggibilità complessiva.

Assenza di segni di interpunzione complessi

Un altro limite evidente è la quasi totale assenza di segni di interpunzione complessi, come i due punti e il punto e virgola. Questi segni, pur essendo meno utilizzati rispetto a virgola e punto, giocano un ruolo fondamentale nella scrittura evoluta, poiché permettono di suddividere e articolare meglio i periodi, introducendo spiegazioni, contrapposizioni o elenchi. L’AI, limitandosi a un uso quasi esclusivo del punto e della virgola, tende a produrre periodi molto brevi e scollegati, con una struttura che manca di varietà stilistica e che risulta meno adatta a contesti che richiedono un’esposizione complessa.

Questa rigidità nella gestione della punteggiatura e dei connettivi si riflette anche sul tono generale dei testi, che risultano più adatti a contesti standardizzati e meno capaci di esprimere nuance stilistiche o sfumature di significato. La scrittura umana, al contrario, si distingue proprio per la capacità di modulare il ritmo del discorso attraverso un uso sapiente della punteggiatura e per l’abilità di creare legami logici complessi, indispensabili in testi argomentativi o descrittivi più sofisticati.

La scrittura dell’AI: una morfologia “piallata”

I testi generati dall’AI tendono a evitare l’uso dei pronomi enclitici, poiché queste strutture rappresentano una sfida per l’analisi sintattica e la corretta associazione semantica del verbo. I pronomi enclitici, infatti, si uniscono direttamente al verbo formando una parola unica (farlo, dirmi, vederti), il che richiede una scomposizione morfologica accurata per interpretare sia l’azione che il complemento. Questa complessità aumenta il rischio di errori di comprensione per i modelli linguistici, specialmente in contesti dove la posizione del pronome modifica il significato della frase o influisce sul registro stilistico.

L’uso dei pronomi enclitici non solo complica l’analisi sintattica, ma comporta anche sfide nell’assegnazione del giusto significato al verbo, soprattutto quando la frase è ambigua o presenta verbi polisemi. Questo porta l’AI a prediligere forme più esplicite, dove soggetto, verbo e complemento sono chiaramente separati e ben identificabili.

Un’altra peculiarità stilistica dei testi generati dall’AI è l’uso limitato dei tempi verbali. L’AI mostra una chiara preferenza per i tempi verbali più comuni e diretti, come l’indicativo presente e il passato prossimo, poiché questi tempi sono predominanti nei dataset di addestramento e presentano regole d’uso meno articolate.

Tempi come il congiuntivo, il condizionale o il futuro anteriore vengono utilizzati con minore frequenza, poiché richiedono una comprensione più avanzata delle sfumature temporali e modali del contesto.

Ad esempio, il congiuntivo viene spesso impiegato per esprimere incertezza, possibilità o desiderio, situazioni che l’AI fatica a interpretare correttamente senza un’analisi semantica approfondita. Ciò si traduce in una scrittura che appare sicura e diretta, ma che manca della varietà e della raffinatezza tipiche di un testo umano ben costruito.

Questa predilezione per tempi diretti si riflette anche nella costruzione dei periodi ipotetici, dove l’AI tende a preferire il primo tipo (realtà) rispetto al secondo e terzo tipo (possibilità o irrealtà), riducendo così la capacità di esprimere ipotesi complesse o situazioni astratte.

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Lessico ai minimi termini

Se la sintassi è scarna, il lessico dell’AI è ridotto all’osso, ma non c’è da meravigliarsi: l’intelligenza artificiale, almeno fino ad oggi, ha ottenuto risultati migliori in lingue con una minore complessità morfologica rispetto all’italiano. Una delle caratteristiche salienti del lessico utilizzato dall’AI è la predilezione per parole dal significato univoco. I termini polisemi (ovvero con più significati) e gli omonimi rappresentano un ostacolo per l’AI, poiché richiedono una capacità avanzata di disambiguazione semantica. Quando il contesto non è chiaro, il rischio che l’AI produca risposte errate o fuori luogo – le cosiddette allucinazioni – aumenta in modo significativo.

Questa preferenza per parole dal significato preciso riflette le modalità di apprendimento dei modelli di linguaggio naturale. I modelli di AI non acquisiscono il lessico come farebbe un essere umano, attraverso esperienze dirette e influenze culturali; piuttosto, si basano su enormi quantità di testi da cui apprendono schemi statistici. Di conseguenza, l’AI tende a selezionare parole e frasi che ricorrono più frequentemente nei dataset di addestramento, prediligendo soluzioni coerenti e statisticamente plausibili, ma spesso prive di varietà stilistica.

Un altro limite evidente è la scarsa capacità di utilizzare termini specialistici o poetici. Mentre un essere umano può adattare il proprio linguaggio in base al contesto o all’audience, l’AI fatica a distinguere tra registri formali e informali, risultando più prevedibile e monotona. Ad esempio, parole ricercate o espressioni idiomatiche poco comuni vengono evitate, poiché richiederebbero una comprensione profonda del contesto culturale e del significato figurato, una competenza che l’AI non ha ancora pienamente sviluppato.

Inoltre, l’AI manifesta una limitata creatività lessicale. Se da un lato ciò garantisce testi più uniformi e comprensibili, dall’altro penalizza la capacità di produrre contenuti originali o stilisticamente sofisticati. La ripetizione di formule e frasi preconfezionate è una conseguenza diretta di questa mancanza di flessibilità nel lessico.

I termini ricorrenti dell’AI

Ci sono poi alcuni termini ricorrenti che vengono utilizzati dall’AI in modo quasi indiscriminato:

  • benvenuto” all’inizio di un testo interno per un sito, soprattutto se si tratta di una homepage, spesso accompagnato da “è il luogo ideale per …” detto di una piattaforma o di un ecommerce;
  • In questo articolo parleremo di…” posizionato alla fine dell’introduzione;
  • è molto più di un semplice” è presente in tutti i testi argomentativi, fateci caso;
  • call to action con “oggi stesso”, una traduzione forse troppo letterale da siti inglesi dove la riuscita è comunque migliore;
  • nel contesto” è presente in tutte le introduzioni, spesso a sproposito, in maniera ridondante e ripetitiva;
  • rappresentare” al posto di “essere”, anche in questo caso potrebbe trattarsi di un calco da contenuti in altre lingue.

L’incipit del paragrafo conclusivo con “In conclusione”, diventato quasi uno stigma dei contenuti scritti con AI è ancora presente in alcuni casi, ma viene sostanzialmente superato quando viene richiesto, nella modalità Canvas, di “dare un’ultima rifinitura” al testo attraverso l’apposito pulsante con il pennello.

Una lingua cristallizzata

La lingua italiana utilizzata dall’intelligenza artificiale appare spesso cristallizzata, ovvero rigida e priva di quelle variazioni stilistiche e strutturali che caratterizzano il linguaggio vivo. Questa rigidità deriva dal modo in cui i modelli di AI apprendono le regole linguistiche: si basano su enormi quantità di dati testuali e tendono a riprodurre schemi grammaticali canonici, evitando di avventurarsi in costruzioni più audaci o complesse.

Da un lato, questa tendenza garantisce testi in apparenza corretti, con una sintassi pulita e priva di errori evidenti, ma dall’altro, però, penalizza la naturalezza e la varietà espressiva. L’italiano parlato e, in parte, anche quello scritto, è ricco di inversioni (“Ecco il motivo” anziché “Questo è il motivo”), dislocazioni a sinistra (“Quel libro, l’ho letto ieri”) e enfasi poetiche che spezzano la linearità del discorso, elementi che l’AI tende a ignorare completamente.

Un esempio tipico di questa rigidità è l’assenza di dislocazioni sintattiche, una figura ricorrente nel linguaggio naturale che consente di mettere in evidenza alcune parti della frase spostandole dalla loro posizione canonica. Nei testi human, queste costruzioni contribuiscono a creare ritmo, enfasi e varietà stilistica; nei testi generati dall’AI, invece, si nota una netta preferenza per frasi con ordine sintattico diretto: soggetto, verbo e complemento, senza deviazioni.

Una staticità linguistica

Inoltre, l’AI non riesce a cogliere appieno le licenze poetiche che gli scrittori umani utilizzano per dare colore e personalità ai loro testi. Espressioni che rompono le regole tradizionali della grammatica, come le frasi nominali (“Una scelta difficile”), sono quasi del tutto assenti nei contenuti generati artificialmente.

Questa staticità linguistica porta a una produzione testuale che appare spesso monotona e priva di quel dinamismo stilistico tipico della scrittura umana. Di riflesso, anche il tono emotivo ne risente: senza variazioni nella struttura e nell’ordine delle parole, l’IA fatica a modulare il ritmo del discorso o a trasmettere sfumature di significato più profonde.

La mancanza di evoluzione stilistica evidenzia come l’AI riproduca una lingua quasi “ingessata”, lontana dalle tendenze linguistiche attuali che, soprattutto nell’italiano contemporaneo, accettano sempre più spesso strutture meno rigide e più creative. Questo fenomeno non è casuale: l’AI viene addestrata su testi che rispecchiano un certo formalismo, privilegiando stabilità e correttezza rispetto all’innovazione e alla libertà espressiva.

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