Google ha annunciato che firmerà il codice di condotta sull’intelligenza artificiale dell’Unione Europea, un passo cruciale per Bruxelles che punta a consolidare la propria leadership normativa nel digitale, nonostante le pressioni contrarie da parte degli Stati Uniti e di alcuni colossi tech.
Il codice definisce le linee guida su come i modelli di AI di uso generale – come Gemini di Google, GPT-4 di OpenAI o Llama di Meta – dovrebbero allinearsi al nuovo AI Act europeo, il regolamento considerato il più severo al mondo in materia di intelligenza artificiale.
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Google firma il Codice di condotta dell’AI Act
Kent Walker, presidente degli affari globali e chief legal officer di Alphabet, ha dichiarato che la decisione è presa “con la speranza che questo codice promuova l’accesso dei cittadini e delle imprese europee a strumenti di AI sicuri e di alta qualità”.
Ma ha aggiunto anche un avvertimento: le attuali regole rischiano di rallentare lo sviluppo e l’adozione dell’AI in Europa. “Deroghe al diritto d’autore, tempi lunghi per le approvazioni e obblighi che potrebbero rivelare segreti industriali minano la competitività europea”, ha affermato Walker.
Da Bruxelles nessun rinvio
L’AI Act, che entrerà in vigore il 2 agosto 2025, impone obblighi legali per la sicurezza d’uso, la trasparenza sui dati di addestramento dei modelli e la protezione del diritto d’autore. È il primo tentativo concreto di regolamentare in modo sistemico l’AI su scala continentale.
Tuttavia, non sono mancate le critiche. Oltre a quelle di Big Tech, il governo statunitense ha espresso preoccupazione per quello che considera un ostacolo ingiustificato al commercio digitale. In occasione della recente firma dell’accordo commerciale UE-USA, la Casa Bianca ha ribadito la necessità di affrontare “le barriere digitali non giustificate”.
Bruxelles, però, non sembra intenzionata a cedere. “Non rinunceremo al nostro diritto di regolare autonomamente il digitale”, ha commentato un portavoce della Commissione europea.
Chi firma (e chi no)
Con la firma del codice, Google si unisce a OpenAI e alla francese Mistral, che hanno già aderito all’iniziativa. Anche Microsoft, per voce del presidente Brad Smith, ha lasciato intendere che è “probabile” una prossima adesione.
Chi invece rimane fuori è Meta. Il colosso di Mark Zuckerberg, per bocca del chief legal officer Joel Kaplan, ha dichiarato che il codice “introduce incertezze legali” e contiene “misure che vanno ben oltre lo scopo dell’AI Act”.
Kaplan ha definito il documento un tentativo di over-regulation che “soffocherà lo sviluppo di modelli avanzati in Europa” e ostacolerà le aziende europee che vogliono costruire servizi basati sull’IA.
La frattura tra industria e regolatori
Meta non è la sola voce critica. Di recente, un gruppo di CEO europei – tra cui quelli di Airbus e BNP Paribas – ha firmato una lettera aperta per chiedere una moratoria di due anni sull’attuazione del regolamento, denunciando sovrapposizioni normative e mancanza di chiarezza che minaccerebbero la competitività europea nel contesto globale dell’AI.
In Italia, l’associazione di Confindustria, Anitec-Assinform ha inviato alla Commissione una richiesta simile.
Mentre l’UE tira dritto verso l’entrata in vigore della sua legge pionieristica, il confronto tra innovazione tecnologica e governance normativa si fa sempre più acceso. La firma di Google è un segnale forte, ma il vero banco di prova sarà capire se e come le regole europee riusciranno a convivere con la velocità della frontiera tecnologica.





