Come gli algoritmi e le tecnologie digitali possono predire e contrastare le epidemie

Il modello di simulazione della dinamica di diffusione di SARS-CoV-2 è un sistema di supporto alle decisioni in grado di prevedere l’evoluzione del contagio su diverse dimensioni di cluster, non un modello statistico e neppure a “matematica esplicita”. È capace di generare scenari sulla base di curve parametriche tempo varianti, quali contagiosità (R0), indice di letalità, includendo effetti “ghost” (asintomatici infetti)

Pubblicato il 30 Mar 2020

Andrea Banchi

Analista e informatico - Helpy srl

Andrea De Maria

Virologo e infettivologo) - Università di Genova

Flavio Tonelli

Genomics

La diffusione di Covid-19 sta portando alla chiusura degli impianti di produzione e al lavoro a domicilio per la maggior parte del personale coinvolto nelle aree della tecnologia dell’informazione (IT) e operativa (OT).

Dati, algoritmi e modelli, che le nuove tecnologie permettono oggi di sviluppare con una efficienza e una efficacia mai conosciute, potrebbero supportare tutti noi e i decisori di alto livello? Si potrebbe analizzare la correlazione tra misure di distanziamento sociale ed effetto sul rallentamento del processo di diffusione? Sarebbe possibile studiare e predire l’evoluzione dell’epidemia e dare utili indicazioni per esempio alle direzioni sanitarie delle diverse regioni? Dopo la prima ondata, potremmo considerare quali ‘oscillazioni’ nelle misure di isolamento e controllo potranno contenere nuove picchi di contagi permettendo alle nostre aziende di recuperare il ritmo produttivo minimale? Si potranno utilizzare tali predizioni per valutare le capacità produttive e logistiche con le quali potresti essere in grado di aiutare la distribuzione e la consegna di farmaci e, poi in futuro, vaccini? Sarà necessario, in futuro, dimensionare diversamente il sistema sanitario nazionale e prevedere sia scorte strategiche di materiali e attrezzature (i.e. mascherine, tamponi) e capacità produttiva strategica (i.e. ventilatori e respiratori)?

Poiché è probabile che non fermeremo completamente questo virus fino a quando non saremo in grado di vaccinare in massa la popolazione, dare risposte a queste domande diviene cruciale per la ripartenza del nostro sistema logistico-produttivo e anche per una sua eventuale riconversione.

Rispondere ad alcune di queste domande è già oggi possibile grazie a un modello di simulazione sviluppato presso l’Università di Genova da Flavio Tonelli (esperto di modellazione e simulazione di sistemi industriali e logistici) e Andrea De Maria (virologo e infettivologo) e dall’esperto analista e informatico Agostino Banchi (Helpy srl).

Cosa può fare il modello di simulazione dinamica di diffusione del virus

Il modello di simulazione della dinamica di diffusione di SARS-CoV-2 è un sistema di supporto alle decisioni in grado di prevedere l’evoluzione del contagio su diverse dimensioni di cluster (i.e. Italia e regioni). Non si tratta di un modello statistico e neppure a “matematica esplicita” bensì di un modello di simulazione della diffusione del virus fino al manifestarsi della malattia Covid-19, capace di generare scenari sulla base di curve parametriche tempo varianti, quali contagiosità (R0), indice di letalità, includendo effetti “ghost” (asintomatici infetti), anche ricorrendo ad algoritmi di ricostruzione delle principali curve, parametri e loro distribuzioni di probabilità attraverso la raccolta di dati reali poi processati da algoritmi di intelligenza artificiale in grado di alimentare il modello di simulazione per la ricostruzione della dinamica.

Diffusi e pubblicati i primi scenari il 14 marzo 2020 (Repubblica, Secolo XIX, TGR), il modello ha mostrato una interessante capacità predittiva con uno scostamento calcolato in un intervallo temporale di oltre 20 giorni (03-23 marzo 2020), entro il 5% rispetto al numero di deceduti e all’utilizzo delle terapie intensive. Il modello è in grado di ricostruire e proiettare la dinamica di occupazione dei posti di terapia intensiva, delle ospedalizzazioni medie e può lavorare sia a livello aggregato (cluster Italia) che disaggregato (cluster regionali), e quindi utilizzabile su due livelli come valutare l’efficacia delle misure di contenimento e controllo o dimensionare e riorganizzare logistica e capacità delle strutture ospedaliere anche considerando la rete di interazione e collaborazione tra enti ospedalieri e regioni.

Ma perché, allora, non pensare di utilizzare algoritmiche come quelle appena descritte per sviluppare e controllare nuovi sistemi e tecnologie operative per aiutare a mitigare il distanziamento sociale e altri effetti della regolamentazione Covid-19 oltre che a supportare diversamente le fasi di diagnostica e sviluppo di farmaci?

Questo significherebbe pensare al futuro (molto prossimo) e a come (ri) diventare competitivi nel mondo post Covid-19 grazie al potenziale inespresso delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale. L’intelligenza artificiale in particolare, con la sua capacità predittiva, avrà un ruolo sempre più cruciale nel supporto alle decisioni dei medici e durante le fasi di pre-screening, aumentando la precisione e la tempestività di intervento, migliorando la prestazione, riducendo i falsi positivi. Grazie a nuovi algoritmi sarà sempre più facile anche capire il perché di una certa decisione presa da una macchina, con innumerevoli risvolti in ambito legale e della privacy. Anche in ambito della prevenzione, della ricerca di nuovi vaccini e nell’analisi delle dinamiche di malattie emergenti, l’intelligenza artificiale consentirà di accelerare i processi di scoperta e di intervento, anticipando danni sanitari ed economici.

Fra oltre dieci anni, molte delle attività di analisi e previsione saranno completamente in gestione di intelligenze artificiali. In particolare, l’intelligenza artificiale può aiutare a combattere il Covid-19 (o altre epidemie similari) attraverso applicazioni tra cui lo screening della popolazione, le notifiche di quando cercare assistenza medica e il monitoraggio della diffusione dell’infezione. Un’area importante in cui si sono verificati rapidi sviluppi nelle ultime settimane sono proprio le nuove applicazioni dell’intelligenza artificiale (AI) e dell’apprendimento automatico (ML) per lo screening della popolazione e la valutazione dei rischi di infezione. Una accelerazione che rende evidente quanto ancora il livello di reale applicazione di queste tecniche sia distante dalla capacità di incidere in tempi brevi su sviluppi violenti e repentini come quello cui stiamo assistendo.

Mentre la comunità dell’intelligenza artificiale sta lavorando intensamente alla fornitura di applicazioni che possono aiutare a contenere il virus, i sistemi di intelligenza artificiale risultano ancora in una fase preliminare e ci vorrà del tempo prima che i risultati di tali misure di intelligenza artificiale siano visibili.

Possibili applicazioni dei sistemi di intelligenza artificiale

Eppure il potenziale di impatto è elevatissimo basti pensare ad alcune possibili applicazioni.

Le migliori aziende cinesi operanti nel campo dell‘intelligenza artificiale hanno introdotto sistemi di screening della temperatura avanzati in luoghi che includono metropolitana e stazioni ferroviarie. Il vantaggio di questi sistemi è che possono valutare le persone a distanza e in pochi minuti possono testare centinaia di individui per la febbre. Sempre in Cina (e altrove), sono state sviluppate app per monitorare la salute dell’individuo e tenere traccia della diffusione geografica del virus al fine di prevedere quali popolazioni e comunità possano essere più suscettibili agli impatti negativi di un focolaio, oppure per consentire ai pazienti di ricevere informazioni sui tempi di attesa in tempo reale, o ancora per fornire alle persone consigli e aggiornamenti sulle loro condizioni mediche senza dover visitare necessariamente un ospedale informando gli individui di potenziali punti di infezione in modo da poter evitare quelle aree. A tal fine, è necessario uno stretto coordinamento tra autorità, operatori delle telecomunicazioni, industria ad alta tecnologia e istituti di ricerca.

Prevedere piani di prevenzione basati sull’uso delle tecnologie

Laddove imprese high-tech e le principali università ed enti di ricerca possono fornire gli strumenti, i provider di telecomunicazioni possono fornire accesso ai dati degli individui, le autorità dovrebbero garantire che la condivisione dei dati sia conforme alle norme sulla privacy e non crei rischi che i dati degli individui verranno utilizzati in modo improprio. Un grande piano nazionale di prevenzione e controllo in grado di orientare in modo intelligente e distribuito l’operato di milioni di individui con un obiettivo collettivo e supervisionato. Un piano quindi in grado di coinvolgere epidemiologi, ingegneri, analisti di dati, attivisti della privacy, professori e ricercatori di diverse parti del paese per la creazione delle migliori condizioni di esercizio di app specifiche (e open source) per prevenire la diffusione del virus senza creare uno stato di sorveglianza eccessivamente rigido che sarebbe insostenibile nel medio e lungo termine.

Per poter riflettere su questi punti è necessario, tuttavia, definire e condividere il significato di “competitivo” rispetto al pre Covid-19 e al post Covid-19. Prima di Covid-19 ancora molte aziende non avevano fatto passi significativi verso la trasformazione digitale. Oggi le stesse stanno prendendo in considerazione l’idea di fare piccoli progetti pilota per provare nuove tecnologie e sperare di trovare qualcosa che funzioni; forse non il modo migliore per affrontare un processo trasformativo di questo tipo. Tuttavia, l’opportunità di concentrare risorse sotto utilizzate in un grande progetto di trasformazione digitale diviene un punto di svolta strategico, in un mondo dove, molto probabilmente, emergerà una visione diversa della manifattura globale. In tutto il mondo, ci saranno ingenti investimenti, sia da parte del governo che degli investitori, per consentire una ripresa industriale e operativa.

Algoritmi, intelligenza artificiale e tecnologie IoT saranno una parte cruciale di questo processo che dovrà essere opportunamente pianificato. La fabbrica del futuro, quella che dai primi anni ’90 si discute e si profetizza, potrebbe non esser più una opzione ma un obbligo; poteva essere vincente a lungo termine mentre oggi potrebbe esserlo nel medio laddove dematerializzare i luoghi fisici di produzione e gli impianti, creerebbero una impresa e catena del valore in grado di operare anche nel post Covid-19

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