L’intelligenza artificiale è oggi al centro del dibattito strategico nelle imprese italiane. La pressione competitiva, il desiderio di innovare e la paura di restare indietro spingono molte aziende a valutare soluzioni di AI. Eppure la realtà, fotografata da una ricerca qualitativa condotta da SDA Bocconi School of Management in collaborazione con SAP Italia, racconta un panorama fatto di entusiasmo e incertezza. Lo studio, basato su sedici imprese di medio-grandi dimensioni, mette in luce come l’adozione non passi dalla costruzione di modelli proprietari complessi, ma piuttosto dall’affidarsi all’ecosistema tecnologico già disponibile.
A rendere possibile l’introduzione dell’AI sono soprattutto i fornitori di software e le piattaforme digitali, che fungono da mediatori in un mercato in rapida evoluzione.
La vera competenza richiesta alle aziende non è tanto sviluppare algoritmi sofisticati, quanto saper orientarsi nell’offerta, valutare i fornitori e integrare moduli intelligenti dentro strumenti già in uso.
In questo senso, la ricerca colma un vuoto, perché fotografa le modalità concrete con cui le imprese italiane affrontano l’AI, lontano dagli slogan e dalle promesse di mercato.
Indice degli argomenti:
Il contesto dell’adozione
Le aziende italiane si trovano in un passaggio delicato. Da un lato l’AI è percepita come una priorità, con quattro imprese su cinque che la indicano come elemento strategico. Dall’altro lato permangono difficoltà legate alla qualità dei dati, a sistemi frammentati e a competenze ancora immature. Lo scenario, confermato anche da studi comparativi europei, mostra un divario tra imprese più grandi e PMI, con le prime più avanti nei progetti di integrazione, le seconde spesso frenate da risorse limitate.
Il report di SDA Bocconi e SAP Italia sottolinea che l’AI non può essere un “cerotto” per processi mal progettati. Senza dati puliti e architetture coerenti, l’introduzione di moduli intelligenti rischia di amplificare inefficienze e di generare errori.
Le aziende che si avvicinano a queste tecnologie devono quindi partire da una revisione dei processi e delle architetture esistenti, per evitare l’illusione di una trasformazione veloce e indolore.

I quattro archetipi della ricerca
La ricerca ha individuato quattro modalità principali di implementazione.
- Infused AI, ovvero l’adozione di moduli già incorporati in sistemi gestionali come gli ERP. In questo scenario gran parte della responsabilità resta in capo al fornitore, l’azienda beneficia di integrazione nativa e complessità ridotta, ma rinuncia a molta flessibilità.
2. AI on demand, che prevede l’uso di strumenti esterni senza integrazione nativa. La flessibilità è alta, perché si possono provare diversi strumenti disponibili sul mercato, ma la governance è fragile e i rischi di frammentazione sono notevoli. È una scelta che si adatta a progetti pilota o a contesti in cui si privilegia la sperimentazione veloce.
3. Interfaced AI, in cui moduli verticali dialogano con i sistemi aziendali attraverso interfacce ben progettate. È un compromesso tra modularità e integrazione, che richiede competenze tecniche per la gestione delle API ma consente maggiore controllo sui dati.
4.Hybrid architecture, un approccio complesso e costoso che vede moduli di AI interagire con architetture ibride composte da diversi sistemi gestionali. È la strada che offre più libertà e personalizzazione, ma richiede un forte presidio interno e un livello elevato di governance.
Per il tessuto industriale italiano, osserva Severino Meregalli di SDA Bocconi, l’integrazione nativa con gli ERP rappresenta la traiettoria più coerente, perché bilancia maturità, sostenibilità e capacità di presidio.
Le implicazioni per le imprese
Ciò che cambia tra i modelli è il livello di responsabilità che resta all’azienda e la possibilità di personalizzazione. Più si sale verso architetture ibride, più aumenta il peso della governance e la necessità di presidiare dati e sicurezza. Al contrario, affidarsi a soluzioni già infuse nei sistemi significa rinunciare a parte della libertà di scelta, ma anche alleggerire la complessità.
La ricerca evidenzia alcuni principi generali validi per ogni percorso.
Primo, serve un approccio incrementale: partire da progetti coerenti con le priorità di business e crescere per gradi.
Secondo, la governance deve essere bilanciata, con l’IT a presidiare sicurezza e compliance e le funzioni di business libere di sperimentare.
Terzo, è necessario investire in cultura e competenze, perché senza consapevolezza diffusa gli strumenti rischiano di restare sottoutilizzati o mal interpretati.
Conclusioni e prospettive future

Il ruolo dei fornitori resta centrale. In un mercato dove i player cambiano velocemente, avere partner solidi e capaci di integrare nuove soluzioni diventa un fattore critico per trasformare l’hype in valore duraturo. L’AI, ricorda l’amministratore delegato di SAP Italia Carla Masperi, non è una tecnologia autonoma ma richiede software cloud moderni, gestione dati evoluta e uno stack coerente di tecnologie connesse.
Il messaggio finale del lavoro SDA Bocconi – SAP è chiaro: l’AI è un’opportunità enorme, ma senza processi ben disegnati, governance chiara e competenze diffuse, il rischio è di trasformarla in una moda passeggera. Per le imprese italiane la sfida è cogliere la spinta innovativa evitando le scorciatoie e costruendo basi solide per una trasformazione che sia davvero sostenibile.






