I nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti – fino al 10% su tutte le importazioni, con misure “reciproche” più severe verso i Paesi con surplus commerciale – stanno riscrivendo le regole del commercio globale e richiede revisioni delle supply chain. L’impatto sulle filiere internazionali è già visibile: aumento dei costi, ritardi nella logistica, margini sotto pressione.
Per le aziende italiane, fortemente orientate all’export e spesso dipendenti da fornitori esteri, la sfida è duplice: reagire in tempo reale e ripensare strutturalmente le proprie operation.
In questo contesto, l’intelligenza artificiale sta diventando sempre più la leva decisiva per governare la complessità. Ma l’AI da sola non basta. Se non è alimentata da dati completi, aggiornati e soprattutto contestualizzati nei processi aziendali, rischia di produrre analisi astratte o decisioni inefficaci. È qui che entra in gioco la process intelligence: un’innovazione tecnologica e concettuale che unisce process mining, AI, simulazione e automazione per trasformare i dati in azioni strategiche e tempestive.
Indice degli argomenti:
Dall’analisi al controllo in tempo reale della catena del valore: le potenzialità delle nuove tecnologie
Il concetto di process mining nasce nei primi anni 2000 dal professor Wil van der Aalst, che dimostrò come i log di eventi generati dai sistemi aziendali potessero essere utilizzati per ricostruire e migliorare i processi organizzativi. Negli ultimi anni, l’evoluzione delle tecnologie ha portato alla nascita della process intelligence, che ne rappresenta la naturale evoluzione: una disciplina capace non solo di mappare, ma di monitorare, prevedere e ottimizzare i processi in tempo reale.
Attraverso l’integrazione di dati strutturati e non, la process intelligence crea un digital twin dei processi aziendali: una replica virtuale e dinamica che permette di visualizzare dove si stanno generando inefficienze, simulare l’impatto di scenari alternativi (come l’introduzione di nuovi dazi), e attivare azioni automatizzate per contenere i rischi e salvaguardare i margini.
Il rischio invisibile dei dazi: la fragilità sistemica delle supply chain
Le ripercussioni sulle supply chain a seguito delle nuove politiche sui dazi non riguardano solo le aziende direttamente coinvolte negli scambi con gli USA. In un sistema interconnesso, ogni anello debole della catena può infatti creare un effetto domino. Le imprese che operano nei settori chiave del made in Italy – dall’automotive alla meccanica, dal farmaceutico al fashion – si trovano esposte a colli di bottiglia, blocchi in dogana, fornitori impossibilitati a rispettare gli SLA o a rinegoziare le condizioni contrattuali.
Questi impatti “invisibili” possono rapidamente tradursi in costi non previsti, perdita di competitività o addirittura interruzione della produzione. Con la process intelligence, è possibile individuare in anticipo le aree di criticità, agendo prima che il problema emerga a bilancio.

La potenza del digital twin e delle simulazioni predittive per arginare gli effetti dei dazi sulle supply chain
Uno degli elementi distintivi della process intelligence è la capacità di abilitare simulazioni intelligenti. Quale sarebbe l’impatto sui margini se un dazio venisse applicato a una tratta logistica strategica? Cosa accadrebbe se un fornitore strategico divenisse inaffidabile? Qual è il piano alternativo più sostenibile in termini di costi e tempi?
Attraverso il digital twin dei processi, procurement, finance e logistica possono modellare scenari complessi, stressare i margini, valutare soluzioni alternative e prendere decisioni condivise e basate sui dati.
Il tempo, in questo contesto, diventa un asset strategico: ogni giorno guadagnato nella risposta può significare milioni di euro risparmiati o nuove quote di mercato conquistate.
L’AI funziona solo se connessa ai flussi aziendali
L’adozione dell’intelligenza artificiale sta accelerando in ogni settore, ma la sua efficacia dipende dalla qualità e dal contesto dei dati su cui opera. Secondo il “Process Optimization Report 2025” di Celonis, l’89% dei decision maker ritiene che l’AI debba comprendere i processi aziendali per generare valore reale. Inoltre, il 58% teme che inefficienze nei processi possano vanificare gli investimenti in intelligenza artificiale.
Per questo in Celonis diciamo: “Non c’è AI senza PI, ovvero process intelligence”. L’AI può gestire l’allocazione dinamica dei materiali, suggerire strategie di sourcing o sbloccare ordini critici, ma solo se alimentata da una comprensione in tempo reale dei flussi aziendali. È per questo che i nostri assistenti intelligenti integrano AI e PI, traducendo insight operativi in azioni concrete e misurabili.
Una supply chain adattiva anche per arginare l’effetto dei dazi: dalla reattività alla resilienza
La crisi dei dazi rappresenta l’ennesimo campanello d’allarme: il paradigma della supply chain deve evolversi. Non è più sufficiente reagire rapidamente; è necessario costruire una resilienza strutturale, fondata su processi intelligenti e connessi. Le aziende devono essere in grado di:
- individuare materiali e fornitori esposti a rischio;
- riconfigurare le tratte logistiche in base a scenari geo-economici e politici;
- valutare l’impatto dei nuovi dazi prima ancora della loro introduzione;
- ricevere suggerimenti automatizzati per nuove strategie operative.
Si tratta di un cambiamento non solo tecnologico, ma anche culturale. La governance non può più essere ex post, ma deve diventare proattiva e in tempo reale.
Process intelligence: un’opportunità strategica per le aziende italiane
Le imprese italiane, storicamente resilienti e abituate a innovare, hanno oggi l’opportunità di compiere un salto di qualità per guardare al futuro del loro business. Investire in process intelligence non significa soltanto mitigare i rischi, ma costruire una capacità decisionale agile, solida e sostenibile.
In un contesto globale in cui le variabili politiche, economiche e ambientali sono sempre più instabili la process intelligence è capace di trasformare l’incertezza in un vantaggio competitivo.