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Process Intelligence: come trasformare l’AI in valore concreto



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L’adozione dell’AI nelle imprese è in crescita, ma inefficienze e complessità dei processi ne limitano l’impatto. La Process Intelligence diventa così la chiave per integrare dati contestualizzati, migliorare decisioni e rendere l’AI realmente efficace

Pubblicato il 26 nov 2025

Andrea Carboni

Country Leader Celonis Italia



process intelligence

Siamo entrati in una fase cruciale dello sviluppo dell’AI, in cui l’attenzione si sta spostando dal potenziale teorico alla misurazione dell’impatto concreto. Da un lato, l’AI si è affermata come leva strategica per innovare modelli di business, accelerare processi decisionali e creare nuove opportunità di crescita. Dall’altro, dopo l’entusiasmo iniziale, molte aziende stanno affrontando una realtà più complessa: trasformare le promesse dell’AI in risultati tangibili è tutt’altro che scontato.

Perché? Perché l’AI, da sola, non basta.

Una survey globale condotta da Celonis su oltre 1.600 business leader ha confermato questo scenario mettendo in evidenza un dato significativo: l’81% delle aziende intende utilizzare l’AI nei prossimi 12 mesi per migliorare i propri processi, ma oltre la metà dei leader teme che inefficienze e complessità interne possano limitare il valore ottenibile dall’intelligenza artificiale.

La sfida che sempre più si sottovaluta è proprio questa: la complessità e l’inefficienza dei processi aziendali sono il vero freno all’adozione efficace dell’AI. Senza una comprensione completa e dinamica del funzionamento del business, questa tecnologia rischia infatti di generare risultati inconsistenti o addirittura fuorvianti.

Process Intelligence: la chiave per liberare il potenziale dell’AI

Per superare questo limite serve una comprensione end-to-end dei processi aziendali. È qui che entra in gioco la Process Intelligence: la capacità di osservare, analizzare e ottimizzare in tempo reale i flussi operativi, creando una rappresentazione digitale affidabile dell’organizzazione attraverso digital twin.

La Process Intelligence consente di integrare l’AI con dati contestualizzati e azionabili, migliorando le decisioni, anticipando colli di bottiglia e automatizzando le attività con maggiore precisione ma soprattutto di liberare i processi dai vincoli imposti da sistemi chiusi, inefficienze e mancanza di visibilità.

Liberare i processi significa restituire trasparenza, autonomia e precisione decisionale. Significa trasformare i dati in azioni, e preparare il terreno per un’AI realmente efficace. Solo in questo modo è infatti possibile costruire un’AI realmente efficace, in grado di adattarsi alla complessità del business e supportare l’innovazione su larga scala.

#FreeTheProcess: una nuova visione per l’AI nelle imprese

Questa è l’essenza della visione che noi sintetizziamo nel movimento globale #FreeTheProcess: un invito ad abbandonare l’approccio frammentato e ad abbracciare ecosistemi più aperti, trasparenti e intelligenti.

Troppo spesso, l’AI aziendale è infatti costretta a operare in ambienti chiusi, in cui i dati sono bloccati da vendor lock-in, i sistemi non si parlano, e la conoscenza dei processi diventa parziale. In questi contesti, l’AI diventa cieca: può generare output sofisticati, ma non ha una comprensione reale di ciò che accade nel business. E senza comprensione, non può esserci impatto.

#FreeTheProcess non è un motto: è una roadmap operativa. Significa liberare i processi da complessità non necessarie, renderli visibili, misurabili e ottimizzabili. Significa dare all’AI ciò di cui ha realmente bisogno: una mappa dettagliata di come il lavoro si svolge, in tempo reale.

Dal laboratorio al business: il vero passaggio di scala

La recente storia dell’AI ci ha mostrato quanto sia facile ottenere risultati impressionanti in ambienti controllati. Demo, prototipi e PoC funzionano finché restano scollegati dalla complessità del mondo reale. Il vero salto di qualità, però, non sta nella dimensione dei modelli, ma nella qualità dei processi reali su cui l’AI viene applicata.

Una concreta adozione dell’AI passa dalla capacità di operare in ambienti complessi, dove i processi coinvolgono decine di sistemi, dipartimenti e stakeholder diversi.

L’AI da assistente generico a copilota operativo

È proprio in questi scenari che la Process Intelligence si dimostra decisiva: fornisce all’AI le condizioni operative per interpretare la realtà aziendale con continuità, superando le distorsioni create da dati frammentati o non aggiornati. Solo con una visione unificata e dinamica del business è possibile attivare un’AI capace di apprendere, adattarsi e intervenire in tempo reale.

È qui che la Process Intelligence fa la differenza. Non aggiunge un altro livello di tecnologia, ma risolve un problema strutturale, che riguarda tutte le aziende: la mancanza di visibilità sul funzionamento effettivo del business. Ed è questo il passaggio che trasforma l’AI da assistente generico a copilota operativo.

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Un cambio di paradigma necessario

Questa prospettiva sposta l’attenzione dalla corsa ai modelli sempre più sofisticati alla costruzione di ecosistemi aziendali pronti per l’AI. Il punto di partenza non è il deployment della tecnologia, ma l’ottimizzazione dei processi. Solo dopo aver eliminato inefficienze e silos, l’intelligenza artificiale può esprimere tutto il suo potenziale.

Per le aziende, questo significa:

  • Evitare investimenti non mirati: senza visibilità sui processi, anche l’AI più evoluta può rivelarsi inefficace.
  • Accelerare l’efficienza operativa: combinare Process Intelligence e AI migliora la qualità e la tempestività delle decisioni.
  • Abilitare innovazioni scalabili: un’AI “process-aware” è più agile, adattabile e sostenibile nel lungo termine.

Il momento è quello di andare oltre le sperimentazioni. Per rendere l’AI una leva reale di trasformazione, occorre una roadmap chiara, basata sulla conoscenza profonda del funzionamento dell’impresa. Prima si mettono in ordine i processi, poi si integra la tecnologia.

Questo approccio permette di costruire un’AI davvero enterprise-ready: non più confinata a prototipi o casi d’uso marginali, ma integrata nei processi core dell’organizzazione. E non si tratta solo di efficienza. Una governance dei processi basata su dati reali consente anche di rispondere più rapidamente a shock di mercato, cambi normativi o discontinuità tecnologiche. È un’AI che non osserva soltanto, ma partecipa alla gestione attiva del business.

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