Il libro, che nasce come manuale di relazioni umane, scandisce la storia d’amore tra l’autrice e il digitale al ritmo dei sedici principi: ogni capitolo si apre con il principio, attraversato nelle sue luci e nelle sue ombre, quindi riscritto da parte di Marisandra Lizzi che consegna al lettore la lezione appresa.

Ma Lettera a Jeff Bezos è anche molto di più, perché accompagna il lettore nella storia del commercio elettronico, tra i tavoli in cui si è deciso il futuro di internet prima e dopo la bolla speculativa del 2000: tavoli che la penna dell’autrice ha vissuto in prima linea e ha raccontato, dal primo eCommerceland alla nascita di Netcomm, Consorzio del Commercio Elettronico Italiano, dal lancio di Amazon in Italia alla comunicazione del Team per la Trasformazione Digitale del Governo, dalla fiducia nel digitale quando regnavano indifferenza e diffidenza alla lettera del 2021, realmente inviata a Jeff Bezos il 25 febbraio 2021.
Indice degli argomenti:
Ecco un estratto dal libro “Lettera a Jeff Bezos”
Il 25 febbraio 2021 ho scritto una lettera a Jeff Bezos, il fondatore di Amazon.
Ho lavorato con la sua azienda per quasi vent’anni: prima informalmente, dal 2003, per uno dei suoi principali manager a livello mondiale, poi ufficialmente, dal 2009 al 2021.
È stato un sogno: ho amato l’energia di chi osa, l’ambizione di costruire qualcosa che non esisteva, la sensazione di essere parte di una rivoluzione che avrebbe cambiato il mondo.
Finché, un giorno, ho visto quel sogno incrinarsi.
Non è successo all’improvviso, ma a poco a poco. Il racconto che facevo di Amazon e quello che vedevo con i miei occhi hanno iniziato a divergere. Ho dovuto scegliere: rimanere fedele a una narrazione illusoria o raccontare la mia verità.
Oggi condivido quella lettera con voi, perché non è stato solo un messaggio per Jeff Bezos. È stata – ed è tutt’ora – una riflessione su cosa accade quando il sogno di una vita si trasforma in qualcos’altro. Su come riconoscere il momento in cui dobbiamo cambiare direzione. E su cosa significa, davvero, scegliere chi vogliamo essere.
Estratto del libro “Lettera a Jeff Bezos” di Marisandra Lizzi © 2025. Do it human Editori
Lettera a Jeff Bezos
Continua a inventare e non disperare se all’inizio la tua idea sembrerà folle. Ricordati di vagare.
Lascia che la curiosità sia la tua bussola.
Rimane sempre il primo giorno.
Jeff
Caro Jeff,
sono mesi che scrivo e riscrivo questa lettera, che la ripercorro nella mia mente in ogni momento della giornata, cercando di trovare le parole giuste. Dopo aver
letto la tua lettera ai dipendenti, ho finalmente avuto il coraggio e l’ispirazione per chiudere queste righe perché – ancora una volta – ho sentito una profonda
sintonia con te e con il tuo pensiero, anche se ormai qualcosa si è rotto.
Spero di non rubarti troppo tempo, ma voglio spiegarmi con calma. Ho dedicato 17 anni della mia vita alla tua azienda, cosa che considero una delle più grandi
fortune della mia carriera. Oggi dirsi addio non è facile, soprattutto se attorno ai tuoi valori – che ho riconosciuto come miei – ci ho costruito una vita intera, una
professione che amo e un’azienda che ha come centro pulsante il digitale al servizio delle persone.
Spero che nelle mie parole tu possa ritrovare tutta la passione per il mio lavoro, la stessa che mi ha spinto a fondare la mia agenzia di comunicazione. Tutto, in un
certo senso, è iniziato quando, per la prima volta, ho sentito parlare della tua storia.
Ci sono storie che iniziano molto prima del loro inizio e finiscono parecchio tempo dopo quella che sembrerebbe la loro fine.
La mia storia con Amazon è una di queste: ho fondato Mirandola Comunicazione nel 2002 e, nel 2010, la mia startup iPressLIVE, con l’obiettivo di aiutare le persone a leggere di più e meglio. Entrambe, sono nate in un podere agricolo.
La pandemia, e l’infodemia che ne è conseguita, ci hanno fatto capire quanto è importante il potere dell’informazione, ma anche quando troppe informazioni possono trasformarsi soltanto in una gran confusione. In un post su Medium del 2019 ho raccontato l’avventura della mia piattaforma e delle relazioni che intende creare tra gli autori e i lettori. Integra parole dalla carta stampata ai libri presenti su Amazon, dalle
tv alle radio, passando per il web, per creare connessioni di valore partendo proprio dalla lettura.
Ho iniziato a seguire la tua azienda nel 2003, in via informale, tramite una collaborazione con Diego Piacentini. Ma la mia passione per la tua storia era nata
molto prima, tra i banchi di un’aula universitaria. Un mio professore di ragioneria analizzò il caso di una realtà particolarissima, che stava per vendere libri in tutto il mondo attraverso internet. Un’impresa talmente geniale che ha letteralmente rivoluzionato le nostre vite. La tua.
Ricordo ancora quel giorno, era il 1995. Fu come una specie di illuminazione. Da allora ho letto qualsiasi cosa riguardasse la tua storia o quella di Amazon: furono anni bellissimi. Imparai a ragionare su internet e su come fare innovazione. E capii la mia
missione: aiutare il web a raccontarsi, a raccontare come il digitale potesse migliorare la vita degli esseri umani.
Abbiamo aperto altre due sedi di Mirandola Comunicazione: una a Salsomaggiore Terme in collina, e una in una chiesetta sconsacrata a Milano, dove sogniamo di poter unire sostenibilità e digitale. L’abbiamo inaugurata in piena pandemia, con l’obiettivo di far incontrare il verde e il blu, due colori che sempre di più riguardavano le nostre vite. Oggi, le persone che lavorano per la mia azienda sono ventuno, sette di loro dedicate esclusivamente alla comunicazione di Amazon.
Sono passati più di dieci anni dal lancio di Amazon.it. Sono fiera di avervi accompagnato fin qui, perché per me Amazon non è mai stato un cliente qualsiasi. Eppure, adesso, dopo l’anno migliore del commercio elettronico, insieme al mio team, abbiamo deciso di prendere strade diverse.
Non parteciperò alle due gare per Device e Retail, né proseguirò con Corporate, nonostante sia stato confermato per il 2021. Accettare significherebbe negare tutti
gli sforzi del mio team, tutte le difficoltà che – soprattutto quest’anno – abbiamo attraversato oltre agli obiettivi e ai record raggiunti, nonostante la pandemia. Sì, perché siamo riusciti a conquistare record globali nel lancio di alcuni device, portando a casa risultati insperati in un anno che ha messo in ginocchio tutti, noi compresi.
Per questo, caro Jeff, non posso più seguire la comunicazione di Amazon. Non sarebbe giusto nei confronti del mio team, né di quella sognatrice che, nel 1995, immaginava un mondo migliore grazie al digitale.
Mi risuona ancora in mente il tuo discorso del 2010 all’Università di Princeton, quando dicevi che la nostra vita è la serie di scelte che facciamo e che, alla fine, noi siamo le nostre scelte. Le tue parole sono state così importanti per me, che ho deciso di scriverti questa lettera. Perché devo dirti che quest’anno, caro Jeff, alzare l’asticella per i tuoi collaboratori è ingiusto oltre che sbagliato, sia in termini umani che ai fini di PR.
Ho speso 17 anni della mia vita a difendere la tua azienda da qualunque attacco, convinta della missione del digitale. Fin dal 2003, quando con ANEE – Associazione Nazionale dell’Editoria Elettronica e Costamento.it abbiamo invitato in Italia Diego Piacentini per E-commerceland, ero certa che il commercio elettronico non sarebbe morto con lo scoppio della bolla speculativa, ma che sarebbe cresciuto.
Non era questione di se, ma di quando.
So bene che per Amazon una gara rappresenta prima di tutto una sfida con se stessi, per impegnarsi di più e uscire dalla propria zona di comfort. Ma credo che il 2020 abbia avuto troppo poco comfort per chiedere di più. A noi stessi o agli altri.





