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L’AI facilita l’inclusione lavorativa dei lavoratori con disabilità



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Il 51% degli intervistati considera l’AI un facilitatore delle proprie attività, con un utilizzo più frequente rispetto ai colleghi senza disabilità. L’AI migliora l’accessibilità, l’equità e la comunicazione sul lavoro, offrendo nuove opportunità di sviluppo professionale. Tuttavia, persistono sfide nell’implementazione, come la necessità di formazione continua e l’equo accesso alle opportunità

Pubblicato il 22 nov 2024



AI disabilità

L’intelligenza artificiale sta emergendo come uno strumento potenzialmente rivoluzionario per l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità in Italia. Secondo il recente Workmonitor Pulse di Randstad, che ha intervistato 800 lavoratori italiani di cui 200 con disabilità, il 51% dei lavoratori con disabilità considera l’AI uno strumento che facilita le proprie attività lavorative. Questo dato è particolarmente significativo se confrontato con la percezione generale dell’AI nel mondo del lavoro.

Il 63% dei lavoratori disabili utilizza l’AI con frequenza settimanale

L’impatto dell’intelligenza artificiale sembra essere ancora più marcato per questa categoria di lavoratori, con il 63% che dichiara di utilizzarla con frequenza almeno settimanale, una percentuale nettamente superiore rispetto ai lavoratori senza disabilità (37%). Questi numeri suggeriscono che l’AI non solo sta diventando uno strumento di uso comune, ma sta anche colmando alcune lacune nell’accessibilità del lavoro per le persone con disabilità. L’AI sembra offrire vantaggi tangibili in termini di efficienza e produttività, con oltre la metà dei lavoratori con disabilità che ritiene che l’AI renda il lavoro più interessante e che apprenderne le funzionalità sia più semplice rispetto ad altre tecnologie.

Questo aspetto è cruciale, poiché indica che l’AI potrebbe rappresentare una tecnologia particolarmente adatta e accessibile per i lavoratori con disabilità, potenzialmente superando alcune barriere che altre innovazioni tecnologiche hanno posto in passato.

Marco Ceresa

Marco Ceresa, Group CEO di Randstad, sottolinea che “l’intelligenza artificiale apre a grandi opportunità nella quotidianità dei lavoratori e, se correttamente integrata da azioni organizzative, può rappresentare anche uno strumento per favorire l’inclusione”. Questa visione evidenzia il potenziale dell’AI non solo come strumento di produttività, ma come catalizzatore di cambiamenti più ampi nelle dinamiche lavorative, promuovendo un ambiente di lavoro più inclusivo e accessibile.

Percezione e utilizzo dell’intelligenza artificiale tra i lavoratori con disabilità

La percezione e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale tra i lavoratori con disabilità in Italia mostrano tendenze interessanti e promettenti. Il Workmonitor Pulse di Randstad rivela che il 47% delle persone con disabilità si dichiara entusiasta di utilizzare l’AI in azienda, una percentuale simile a quella dei lavoratori senza disabilità (43%). Questo dato suggerisce una generale apertura e positività verso l’adozione dell’AI, indipendentemente dalla presenza o meno di disabilità.

Tuttavia, emergono differenze significative quando si analizza l’effettivo accesso e utilizzo di queste tecnologie. Il 56% dei lavoratori con disabilità afferma di aver avuto accesso a opportunità di apprendimento e aggiornamento sull’AI, contro solo il 35% dei lavoratori senza disabilità. Questa discrepanza potrebbe indicare una maggiore attenzione delle aziende nel fornire formazione AI ai lavoratori con disabilità, riconoscendone potenzialmente il valore aggiunto per questa categoria. L’utilizzo pratico dell’AI tra i lavoratori con disabilità è particolarmente significativo: il 62% la impiega per la risoluzione di problemi nelle proprie mansioni, il 59% per la scrittura di curriculum o lettere di presentazione, e il 56% per attività di back office. Questi dati superano nettamente la media generale, indicando un’adozione più intensa e variegata dell’AI da parte dei lavoratori con disabilità.

L’importanza attribuita all’AI è tale che il 42% di questi lavoratori dichiara che lascerebbe la propria occupazione se non gli venissero offerte occasioni di sviluppo delle competenze in questo campo. Questo dato sottolinea quanto l’AI sia percepita non solo come un ausilio nel presente, ma come una competenza fondamentale per il futuro professionale.

La ricerca evidenzia anche come l’Italia si posizioni al di sopra della media globale per quanto riguarda le possibilità di utilizzo dell’AI nelle imprese (+3%), l’accesso all’apprendimento offerto dal datore di lavoro (+5%), e la qualità della formazione proposta (+3%). Questi dati suggeriscono un ambiente lavorativo italiano particolarmente ricettivo all’integrazione dell’AI, con potenziali benefici significativi per l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità.

AI disabilità

AI come strumento per promuovere l’equità e l’accessibilità sul lavoro

L’intelligenza artificiale sta emergendo come un potente strumento per promuovere l’equità e l’accessibilità sul luogo di lavoro, particolarmente per le persone con disabilità. Secondo il Workmonitor Pulse di Randstad, il 57% dei lavoratori con disabilità considera l’AI un valido supporto parallelo alle attività di supervisione “umana” per ridurre le disparità, una percezione condivisa dal 55% dei lavoratori senza disabilità.

Questo dato suggerisce una fiducia diffusa nel potenziale dell’AI di creare un ambiente lavorativo più equo. Ancora più significativo è il fatto che il 52% delle persone con disabilità ritiene che l’uso dell’AI possa rafforzare ulteriormente l’equità sul luogo di lavoro, una percentuale notevolmente superiore rispetto al 40% dei colleghi senza disabilità. Questa differenza potrebbe indicare che i lavoratori con disabilità percepiscono più concretamente i benefici dell’AI nel superare barriere e creare opportunità più eque.

L’impatto dell’AI sull’accessibilità

L’impatto dell’AI sull’accessibilità è particolarmente evidente: il 51% dei lavoratori con disabilità afferma che l’adozione dell’AI ha migliorato l’accessibilità nel proprio ruolo, mentre il 53% ritiene che possa essere d’aiuto anche in futuro per la propria mansione. Questi dati suggeriscono che l’AI non solo sta già facendo la differenza, ma è vista come una tecnologia chiave per migliorare ulteriormente l’accessibilità sul lavoro.

Un aspetto interessante emerge nell’uso dell’AI per facilitare la comunicazione: il 46% dei lavoratori con disabilità utilizza l’AI per interagire con colleghi che non parlano la stessa lingua, contro solo il 32% dei lavoratori senza disabilità. Questo dato evidenzia come l’AI possa essere uno strumento particolarmente utile per superare barriere linguistiche e comunicative, aspetto cruciale per l’inclusione lavorativa.

La ricerca rileva anche un miglioramento generale del clima di uguaglianza sul luogo di lavoro negli ultimi 5 anni, con il 48% delle persone con disabilità che nota una diminuzione dei comportamenti discriminatori. Tuttavia, il fatto che il 40% dei lavoratori con disabilità abbia dovuto affrontare discriminazioni o pregiudizi nel proprio percorso professionale sottolinea l’importanza di continuare a lavorare per un ambiente lavorativo più inclusivo.

In questo contesto, l’AI emerge non solo come uno strumento di produttività, ma come un potenziale catalizzatore di cambiamento verso una maggiore equità e accessibilità sul lavoro.

Sfide e opportunità nell’implementazione dell’AI per l’inclusione lavorativa

L’implementazione dell’intelligenza artificiale per l’inclusione lavorativa presenta sia sfide significative che opportunità promettenti. Secondo il Workmonitor Pulse di Randstad, una delle principali sfide è la necessità di aggiornamento continuo delle competenze: il 59% dei lavoratori con disabilità ritiene che l’aggiornamento delle competenze legate all’AI sia essenziale per il proprio ruolo nei prossimi 5 anni, una percentuale superiore rispetto al 51% dei lavoratori senza disabilità. Questa disparità evidenzia l’importanza cruciale che i lavoratori con disabilità attribuiscono all’AI per il loro futuro professionale.

La sfida per le aziende sarà quindi quella di fornire formazione adeguata e accessibile, tenendo conto delle diverse esigenze dei lavoratori con disabilità.

Un’altra sfida significativa riguarda l’equità nell’accesso alle opportunità di formazione e utilizzo dell’AI. Sebbene il 56% dei lavoratori con disabilità dichiari di aver avuto accesso a opportunità di apprendimento sull’AI, contro il 35% dei lavoratori senza disabilità, è fondamentale garantire che questa disparità non si traduca in un vantaggio ingiusto, ma piuttosto in un livellamento delle opportunità.

AI e inclusione lavorativa

Le aziende dovranno quindi bilanciare attentamente le loro iniziative di formazione per assicurare pari opportunità a tutti i lavoratori. D’altra parte, l’implementazione dell’AI offre opportunità significative per migliorare l’inclusione lavorativa. Il 51% dei lavoratori con disabilità afferma che l’AI ha già migliorato l’accessibilità nel proprio ruolo, indicando un impatto positivo tangibile.

Inoltre, l’AI si sta dimostrando particolarmente utile in attività specifiche: il 62% dei lavoratori con disabilità la utilizza per la risoluzione di problemi, il 59% per la scrittura di curriculum o lettere di presentazione, e il 56% per attività di back office. Questi dati suggeriscono che l’AI può essere uno strumento potente per superare barriere specifiche e migliorare l’efficienza lavorativa.

Un’opportunità interessante emerge nell’uso dell’AI per facilitare la comunicazione: il 46% dei lavoratori con disabilità utilizza l’AI per interagire con colleghi che non parlano la stessa lingua, evidenziando il potenziale dell’AI nel superare barriere linguistiche e comunicative. Infine, l’implementazione dell’AI offre l’opportunità di ripensare i processi lavorativi in modo più inclusivo.

Come sottolinea Marco Ceresa, “l’integrazione dell’AI nel lavoro, garantendo un approccio responsabile, è una sfida complessa, ma la fiducia espressa dai lavoratori fa ben sperare che si possano aprire nuove prospettive”.

Questa visione evidenzia la necessità di un approccio olistico all’implementazione dell’AI, che consideri non solo gli aspetti tecnologici, ma anche quelli etici e sociali, per garantire che l’AI diventi veramente uno strumento di inclusione e non di ulteriore divisione nel mondo del lavoro.

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