Nel panorama dell’innovazione contemporanea, pochi nomi evocano reazioni tanto controverse quanto quello di Elon Musk. Per alcuni è un genio visionario che sta letteralmente tracciando il futuro dell’umanità, tra automobili intelligenti, chip neurali impiantabili e chatbot generativi; per altri, invece, è un imprenditore accentratore, imprevedibile e narcisista che manipola tecnologie potentissime senza assumersi, fino in fondo, la responsabilità etica delle conseguenze del progresso di cui si rende promotore.
Quello dell’intelligenza artificiale è, senza dubbio, l’ambito in cui emergono con maggiore forza le contraddizioni che definiscono la figura di Musk. Profondamente convinto che l’AI rappresenti una chiave di volta per la sopravvivenza e l’evoluzione dell’umanità, è stato tra i fondatori di OpenAI, sostenendo con determinazione la necessità di sviluppare un’AI sicura, trasparente e accessibile a tutti.
Al tempo stesso, però, è anche uno dei suoi critici più severi: ha infatti messo in guardia più volte l’opinione pubblica sui rischi esistenziali dell’AI avanzata, arrivando a definirla “più pericolosa delle armi nucleari” e paragonandone lo sviluppo incontrollato alla “convocazione di un demone”.
Al di là dei paradossi che lo caratterizzano, l’influenza di Elon Musk sullo sviluppo tecnologico globale è innegabile, così come la sua capacità di muoversi con estrema rapidità tra ambiti diversi, connettendo visioni ingegneristiche e proiezioni futuristiche.
Indice degli argomenti:
Dal Sudafrica alla Silicon Valley: origini e formazione di un imprenditore radicale
Per comprendere l’approccio radicale di Elon Musk all’intelligenza artificiale – e, più in generale, alla tecnologia come dinamica di trasformazione globale – occorre partire dalle sue origini. Dietro l’immagine dell’imprenditore mediaticamente onnipresente si cela una traiettoria segnata da solitudine, precoce genialità e un’ambizione fuori dal comune.

Le lauree in Fisica ed Economia
Durante l’adolescenza matura in lui il desiderio di lasciare il Sudafrica, ancora segnato dall’apartheid e dal militarismo, per raggiungere l’America, idealizzata come patria della libertà intellettuale e del progresso tecnologico. Grazie alla cittadinanza canadese della madre, Musk parte verso il Nord America, trascorrendo un periodo in Saskatchewan e poi a Montréal, dove si mantiene con lavori saltuari. Dopo aver frequentato per due anni la Queen’s University, si trasferisce alla University of Pennsylvania, dove consegue due lauree, in Fisica e in Economia.
In quegli anni prende forma una delle caratteristiche che segneranno per sempre la sua visione imprenditoriale: unire il rigore della scienza con la capacità di leggere i sistemi complessi, trasformando la tecnologia in uno strumento capace di affrontare i problemi strutturali dell’umanità.
Ma il percorso accademico non bastava a contenere l’urgenza creativa di Musk; nel 1995, infatti, si iscrive a un dottorato in Fisica applicata a Stanford che tuttavia abbandona dopo appena due giorni. La Silicon Valley, allora in pieno fermento digitale, gli appare più stimolante di qualsiasi laboratorio accademico: non un luogo di attesa ma di azione immediata.
Zip2: la sua prima start up
È in questo contesto che decide di lanciarsi nell’imprenditoria tecnologica, fondando la sua prima startup, Zip2, che sviluppa una piattaforma per fornire ai quotidiani online mappe interattive e directory aziendali; un’idea semplice ma rivoluzionaria, capace di anticipare modelli diventati familiari solo anni dopo, come Google Maps e Yelp.
Con questa iniziativa Musk si inserisce nel nascente ecosistema del web con un’intuizione dirompente: Internet non è solo comunicazione ma un’infrastruttura capace di rivoluzionare i servizi. Ed è proprio questa visione a spingerlo oltre il semplice successo di nicchia: sin dagli esordi, infatti, Musk punta a una trasformazione sistemica e questo approccio lascia intravedere già i tratti che lo accompagneranno a lungo – determinazione inflessibile, calcolo strategico e una spinta quasi ossessiva a ridisegnare interi settori.
È l’inizio di una parabola che porterà un ragazzo solitario, affamato di conoscenza, a diventare uno dei protagonisti assoluti della rivoluzione tecnologica del XXI secolo.
Il trampolino di lancio: X.com e l’ascesa di PayPal
Dopo il successo di Zip2, Musk non rallenta. Con una parte dei proventi della vendita della startup – circa 22 milioni di dollari – nel 1999 fonda X.com, una banca digitale concepita per rendere le transazioni più veloci, accessibili e sicure, senza passare per i circuiti bancari tradizionali. L’anno successivo la società si fonde con Confinity, una startup che aveva sviluppato un sistema di trasferimento fondi chiamato PayPal. Il marchio, più intuitivo e comunicativo, finirà per imporsi e diventerà, nel 2001, il nome ufficiale della nuova società.
Il successo è immediato: grazie all’adozione di massa da parte degli utenti di eBay, PayPal diventa rapidamente la piattaforma preferita per i pagamenti online, anticipando dinamiche che oggi diamo per scontate, come la finanza peer-to-peer, la dematerializzazione del denaro e la scalabilità algoritmica dei servizi finanziari.
Musk, che inizialmente ricopre il ruolo di CEO, propone di migrare l’infrastruttura da Unix a Microsoft ma l’iniziativa provoca forti tensioni interne. Nel settembre 2000, quindi, il consiglio lo sostituisce ma Musk rimane il principale azionista fino alla vendita dell’azienda ad eBay nel 2002, per 1,5 miliardi di dollari in azioni.
Il capitolo PayPal consacra Musk come protagonista del nuovo capitalismo tecnologico, capace di trasformare inefficienze in opportunità e di ridisegnare interi settori. Per l’imprenditore non si tratta, però, di un punto di arrivo ma, anzi, del trampolino di lancio verso sfide ancora più ambiziose.
SpaceX e Tesla: intelligenza artificiale e innovazione tra spazio e Terra
Con i proventi di PayPal, Musk decide infatti di puntare su due frontiere esistenziali – salvare il pianeta e rendere l’umanità una specie multiplanetaria. E così che nel 2002 fonda SpaceX (acronimo di Space Exploration Technologies Corporation), con l’ambizione dichiarata di abbattere drasticamente i costi di lancio e aprire la strada alla colonizzazione di Marte.

In un settore dominato dalle agenzie governative e considerato inaccessibile all’iniziativa privata, Musk applica lo stesso metodo sperimentato nelle precedenti startup: destrutturare sistemi consolidati, ricostruirli dalle fondamenta e puntare sull’integrazione verticale. Nel giro di pochi anni, SpaceX diventa la prima compagnia privata a inviare un razzo orbitale nello spazio, a rifornire la Stazione Spaziale Internazionale e, nel 2020, a trasportare astronauti per conto della NASA.
Dietro questi risultati c’è anche l’impiego di sistemi avanzati di intelligenza artificiale. Sono infatti gli algoritmi a guidare con precisione i razzi Falcon 9 durante le delicate manovre di rientro e atterraggio verticale, rendendoli riutilizzabili e abbattendo drasticamente i costi di lancio. La stessa logica vale per le capsule Dragon, progettate per attraccare in autonomia alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), il laboratorio orbitante gestito da NASA, ESA e altre agenzie. In entrambi i casi, l’automazione riduce al minimo l’intervento umano, aumentando la sicurezza e aprendo la strada a missioni sempre più frequenti.
Tesla Motors, l’auto del futuro sarà elettrica
Parallelamente, nel 2004 Musk entra in Tesla Motors, allora una giovane realtà nel settore delle auto elettriche e ne diventa presto presidente e poi CEO. In un’epoca in cui la mobilità elettrica era vista come un progetto marginale, Musk la trasforma in una sfida globale, rendendola al tempo stesso desiderabile e sostenibile. Tesla non è soltanto un costruttore di automobili: è un laboratorio di software, automazione e intelligenza artificiale in cui l’hardware diventa il veicolo – in senso letterale e figurato – per sperimentare sistemi di guida autonoma.
Autopilot

Grazie a questo modello, il sistema viene aggiornato continuamente over-the-air, migliorando prestazioni e sicurezza a ogni rilascio. Per Musk, Autopilot è l’anticamera della Full Self-Driving, la guida completamente autonoma: un obiettivo ancora controverso sul piano tecnico e regolatorio ma che testimonia la volontà di integrare l’intelligenza artificiale al cuore della mobilità del futuro.
Tesla e SpaceX, dunque, non sono soltanto aziende innovative nei rispettivi settori ma i pilastri di una visione più ampia in cui l’innovazione è la condizione stessa della sopravvivenza umana. Che si tratti di ridurre le emissioni sulla Terra o di colonizzare Marte, il messaggio resta lo stesso: l’innovazione è una forma di sopravvivenza.
Ed è proprio su questo terreno che entra in gioco l’intelligenza artificiale in senso stretto. Se con Tesla l’imprenditore ha mostrato come l’AI possa guidare le macchine del futuro, con iniziative come Neuralink e OpenAI si spingerà oltre, immaginando un mondo in cui la frontiera non è più soltanto tecnologica, ma direttamente cognitiva ed esistenziale.
La Neuralink Corp. e l’interfacciamento uomo-macchina
In questo scenario si colloca, quindi, la Neuralink Corporation. Fondata nel 2016, l’azienda incarna l’intento di Elon Musk di affrontare la possibilità che l’AI superi l’intelligenza umana, trasformando radicalmente il rapporto tra mente e tecnologia. L’obiettivo non è frenare lo sviluppo delle macchine, ma potenziare l’uomo affinché resti competitivo. È una visione transumanista, che guarda alla “singolarità tecnologica” – quel punto ipotetico in cui l’AI sarà capace di auto-migliorarsi senza limiti – non come a una minaccia inevitabile, ma come a una sfida da affrontare attraverso una nuova forma di simbiosi tra uomo e macchina.

Neuralink va oltre i confini dell’intelligenza artificiale
Le promesse sono visionarie ma la comunità scientifica resta prudente. Se Neuralink ha già mostrato prototipi funzionanti su animali e persino il primo impianto umano su un paziente quadriplegico, Noland Arbaugh, le evidenze cliniche appaiono a molti ancora discutibili e mancano approvazioni regolatorie definitive. Restano, inoltre, enormi implicazioni etiche: la gestione dei dati cerebrali, la loro sicurezza e la definizione stessa di ciò che significa “potenziare” un essere umano attraverso l’AI.
In questo senso, la Neuralink va oltre il concetto di startup high-tech: è una vera e propria provocazione filosofica che obbliga a ripensare i confini tra mente e macchina, tra autonomia individuale e dipendenza algoritmica. Non si tratta soltanto di un’innovazione tecnologica ma del tentativo più estremo di Musk di affrontare la sfida posta dall’intelligenza artificiale non contrastandola dall’esterno, bensì fondendola con l’uomo stesso.
Parallelamente, però, Musk non limita la sua azione alla dimensione biologica e nello stesso periodo sceglie di intraprendere anche una strada più istituzionale, volta a governare lo sviluppo dell’AI attraverso principi di trasparenza e accesso condiviso. È da questa visione che prenderà forma OpenAI.
OpenAI, l’eredità contraddittoria di Elon Musk
Nel dicembre 2015 Elon Musk annuncia, insieme a un ristretto gruppo di scienziati e imprenditori, la nascita di OpenAI, un laboratorio di ricerca sull’intelligenza artificiale concepito come organizzazione no profit. La missione dichiarata è quella di sviluppare un’AI generalista – capace cioè di affrontare compiti diversi e non limitati a un singolo ambito – che sia sicura, trasparente e messa al servizio dell’intera umanità. A differenza dei colossi tecnologici tradizionali, OpenAI promette fin dall’inizio che i suoi risultati non saranno proprietà esclusiva di pochi ma patrimonio condiviso della comunità scientifica e dell’intera società.
Musk ne diventa il più convinto sostenitore, oltre che il principale finanziatore, con una donazione da 100 milioni di dollari. Per lui, OpenAI rappresenta una sorta di polizza collettiva: se i progressi dell’intelligenza artificiale vengono distribuiti apertamente, nessuno potrà monopolizzarli a scapito degli altri.
Nei primi anni di vita dell’organizzazione questo spirito si traduce in un forte impegno per l’open source: codice, paper e dataset vengono pubblicati e messi a disposizione di tutti, con l’intento di democratizzare il progresso tecnologico.
L’uscita da OpenAI
La traiettoria, però, cambia rapidamente. Nel 2018 Musk lascia il consiglio direttivo di OpenAI, ufficialmente per evitare possibili conflitti con i progetti di AI sviluppati da Tesla. Dietro questa scelta si celano, però, divergenze più profonde: disaccordi sulla direzione strategica, sul livello di trasparenza da mantenere e, soprattutto, sulla decisione di trasformare l’organizzazione in una capped-profit company. Quest’ultimo modello, a metà tra no profit e impresa privata, consente di raccogliere investimenti e generare utili ma con un limite massimo ai guadagni degli investitori. L’obiettivo è attrarre capitali senza snaturare la missione sociale originaria ma per Musk rappresenta un compromesso che ridimensiona l’idea iniziale di condivisione collettiva dei progressi dell’AI.
La frattura diventa plateale nel 2022, con il lancio di ChatGPT. La più popolare interfaccia conversazionale mai realizzata – prima su GPT-3.5, poi su GPT-4 – conquista milioni di utenti in poche settimane e si diffonde rapidamente in ogni settore, dall’educazione alla sanità.

Il mondo acclama ChatGPT ma Musk non applaude, anzi attacca furiosamente. L’imprenditore, nei suoi interventi pubblici e nei post più polemici, accusa OpenAI di aver abbandonato l’ideale di trasparenza per inseguire logiche di business, trasformandosi – soprattutto dopo il maxi-investimento di Microsoft, che ne è diventata il principale partner e finanziatore – in una realtà sempre più legata al colosso tecnologico di Redmond.
E qui si intrecciano due paradossi: l’uomo che per anni ha messo in guardia dai rischi esistenziali dell’intelligenza artificiale è lo stesso che ha contribuito a fondare l’organizzazione oggi al centro del suo sviluppo globale. Ma, al tempo stesso, Musk è passato da promotore e finanziatore di OpenAI a uno dei suoi critici più feroci, accusandola di aver tradito la missione originaria. È in questo contesto che l’imprenditore matura la decisione di dare vita a un nuovo progetto, destinato a segnare il suo rientro diretto nella corsa all’intelligenza artificiale.
xAI: il manifesto personale di Musk sull’AI
Con xAI, Elon Musk decide di imprimere il suo marchio definitivo nell’ambito dell’intelligenza artificiale, dando vita non a una semplice azienda tecnologica ma a un’organizzazione concepita per sviluppare sistemi “veritieri, comprensibili e controllabili”. Fondata nel luglio 2023, xAI racchiude già nel suo stesso nome – Explainable Artificial Intelligence – l’ambizione di restituire chiarezza e trasparenza a un settore che l’imprenditore considera dominato da pochi giganti della Silicon Valley.
L’annuncio di xAI segue lo stile tipico di Musk: provocazioni sui social e la promessa decisa di creare un’AI diversa da ChatGPT, capace di dire la verità e libera dai vincoli eccessivi che a suo avviso hanno reso i modelli esistenti troppo filtrati e poco autentici.

L’arrivo di Grok, il primo chatbot di xAI
Nel novembre dello stesso anno, xAI lancia il suo primo chatbot, Grok, reso disponibile direttamente sul social network X (ex Twitter). Grok si distingue per il tono irriverente e sarcastico, meno filtrato rispetto ai concorrenti: non evita temi politici, risponde con schiettezza a domande delicate e spesso ironizza sulla realtà. In una delle prime presentazioni, Elon Musk lo descrive con una battuta destinata a far discutere: «Grok ha un senso dell’umorismo più sviluppato di molti giornalisti». Dietro la provocazione, però, si intravede la strategia precisa di riportare una parte del dibattito sull’intelligenza artificiale all’interno del suo ecosistema digitale.
Sul piano tecnico, xAI lavora su propri modelli linguistici di grandi dimensioni, alimentati dal flusso in tempo reale dei dati generati da milioni di utenti di X; questo conferisce a Grok un aggiornamento costante e una reattività superiore rispetto ad altri sistemi. Musk ha inoltre annunciato l’intenzione di rendere la piattaforma open source, richiamando idealmente lo spirito che animava la nascita di OpenAI, anche se restano incertezze sul reale grado di apertura che intende garantire.
xAI non è dunque soltanto un’azienda ma il manifesto politico e culturale di Musk sull’intelligenza artificiale, volto a ridefinire le regole del gioco, sfidando i colossi tecnologici con un modello che riflette le sue convinzioni. In questa prospettiva, Grok non è semplicemente un chatbot: è il simbolo della volontà di Musk di piegare l’intelligenza artificiale alla propria idea di verità e di futuro.
Tra utopia e distopia: il mito di Musk nell’era dell’intelligenza artificiale
Il contributo più duraturo di Elon Musk all’intelligenza artificiale non risiede soltanto nelle aziende che ha fondato o finanziato ma nell’impatto che il suo approccio ha esercitato ed esercita tuttora sull’opinione pubblica e sui governi. Con le sue dichiarazioni estreme ha imposto la necessità di interrogarsi sui rischi dell’AI avanzata. Un esempio significativo è la lettera aperta pubblicata nel marzo 2023 dal Future of Life Institute, di cui Musk è cofondatore; il documento, firmato da oltre mille esperti e imprenditori del settore, chiedeva una moratoria di sei mesi nello sviluppo dei modelli di AI più potenti, come GPT-4, per consentire una valutazione approfondita dei rischi.
La proposta ha diviso profondamente la comunità scientifica e per alcuni era un campanello d’allarme necessario, per altri una mossa strategica che celava interessi personali e competitivi.
Le posizioni dell’imprenditore, spesso contraddittorie, alimentano una polarizzazione continua: denuncia i pericoli dell’AI mentre la integra nei sistemi Tesla, critica OpenAI ma fonda xAI, invoca trasparenza e allo stesso tempo promuove chatbot dal carattere opaco. Eppure, proprio grazie alle tensioni che il suo approccio genera, Musk ha trasformato l’AI da questione meramente tecnica a tema politico e culturale globale e ha costretto istituzioni, aziende e cittadini a riconoscere che il futuro dell’intelligenza artificiale non è soltanto una sfida ingegneristica ma anche un terreno in cui si intrecciano etica, governance e impatto sociale.
Conclusione
In questa ambivalenza si riflette, forse come in nessun altro personaggio del nostro tempo, il paradosso moderno del progresso: la tensione irrisolvibile tra innovazione salvifica e catastrofe annunciata. Come un Prometeo algoritmico, Musk ha rubato il fuoco dell’intelligenza artificiale per offrirlo all’umanità ma non ha mai smesso di temerne le fiamme.
Visionario o megalomane, genio o manipolatore, benefattore o catalizzatore del caos: la sua eredità sarà giudicata non solo in base ai risultati tangibili ma soprattutto per le domande radicali a cui ha costretto il mondo a porsi. Cosa significa essere umani in un’epoca di intelligenze artificiali? Quali limiti siamo disposti a superare – e a sacrificare – per sopravvivere alla nostra stessa invenzione? Musk non offre risposte rassicuranti eppure, nel bene e nel male, ci obbliga a guardare negli occhi il futuro.




