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Demis Hassabis: scacchi, informatica e neuroscienze. Ecco chi è il creatore di DeepMind



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Neuroscienziato e fondatore di DeepMind, è una figura centrale nell’evoluzione dell’intelligenza artificiale. Dalla passione per gli scacchi e i videogiochi all’ideazione di AlphaGo e AlphaFold, il suo lavoro unisce biologia, tecnologia ed etica per sviluppare un’AI capace di apprendere, immaginare e contribuire alla conoscenza e al progresso umano

Pubblicato il 29 lug 2025

Flavia Maltoni

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Demis Hassabis
Demis Hassabis

Demis Hassabis: nel panorama dell’intelligenza artificiale, pochi nomi risuonano con la stessa forza. Visionario, neuroscienziato e imprenditore, Hassabis si pone come una figura chiave nel contesto contemporaneo dell’AI. Co-fondatore e CEO di DeepMind, è riconosciuto non solo per le sue straordinarie innovazioni tecnologiche, ma anche per la profondità della sua visione: sviluppare un’intelligenza artificiale generale (AGI) in grado di non limitarsi all’esecuzione di compiti specifici, ma di apprendere e ragionare in modo simile all’essere umano.

Dietro i suoi progetti si cela non solo il desiderio di progresso tecnologico, ma anche una curiosità radicale verso la natura della mente umana, la coscienza e l’intelligenza. Per Hassabis, l’AI rappresenta uno strumento di comprensione del pensiero umano ed un alleato nel grande processo dell’evoluzione scientifica.

Da AlphaGo ad AlphaFold, ogni suo progetto riflette un’aspirazione profonda: creare tecnologie capaci non solo di risolvere problemi complessi ma di ampliare la comprensione dell’essere umano stesso.

Demis Hassabis: le origini di un prodigio

Demis Hassabis nasce a Londra nel 1976 in una famiglia caratterizzata da una ricca diversità culturale. Suo padre è greco-cipriota, mentre sua madre proviene da Singapore. Cresciuto in un ambiente stimolante, dove la curiosità era incoraggiata e l’identità multiculturale gli offriva una visione critica del mondo, fin dalla giovane età dimostra un’attitudine straordinaria per il ragionamento astratto e la strategia.

A soli quattro anni, infatti, impara a giocare a scacchi e ben presto questo gioco si trasforma in una vera e propria palestra mentale per Hassabis, un laboratorio precoce di pensiero computazionale.

A tredici anni diventa maestro internazionale di scacchi, uno dei più giovani nella storia del Regno Unito, partecipando a tornei di alto livello e confrontandosi con adulti, sviluppando così una forte logica e resilienza. Tuttavia, Hassabis non aspira a diventare un professionista degli scacchi; per lui il gioco rappresenta uno strumento di esplorazione della mente, non un fine in sé. Il giovane prodigio è affascinato non solo dal cosa si pensa, ma soprattutto dal come si pensa.

Dall’università alla ricerca

Spinto da una forte sete di conoscenza, Hassabis si iscrive a Cambridge nel 1994, dove studia informatica al Christ’s College. Parallelamente, il suo interesse per la tecnologia si accompagna ad un desiderio più profondo: comprendere il funzionamento del cervello umano. Dopo un brillante percorso accademico, decide di approfondire la propria passione per la mente biologica iscrivendosi a un dottorato in neuroscienze cognitive presso l’University College London (nota con la sigla UCL), sotto la guida di eminenti studiosi come Eleanor Maguire, nota per le sue ricerche sulla mappatura della memoria spaziale nell’ippocampo.

Nel suo lavoro di ricerca, Hassabis si concentra sulla memoria episodica e sull’immaginazione, due funzioni fondamentali per la costruzione della coscienza e dell’identità. Le sue ricerche dimostrano che le stesse aree cerebrali coinvolte nel ricordare il passato sono anche cruciali per l’immaginazione di scenari futuri. Questa scoperta – secondo cui il cervello “riutilizza” i circuiti della memoria per simulare il futuro – avrà un impatto profondamente influente sul suo approccio all’intelligenza artificiale. Per il neuroscienziato, infatti, una macchina veramente intelligente deve non solo risolvere problemi, ma anche immaginare possibilità, come fa l’essere umano.

Il percorso che unisce scacchi, informatica e neuroscienze non è casuale: costituisce il fondamento di una visione interdisciplinare, in cui la mente biologica diventa la matrice da cui far nascere quella artificiale.

La mente tra gioco, neuroscienze e algoritmi

Prima ancora di affermarsi come scienziato cognitivo, Demis Hassabis si distingue come prodigioso sviluppatore di videogiochi. A soli 17 anni lavora per Bullfrog Productions, una delle software house più innovative degli anni ’90, contribuendo allo sviluppo di Theme Park, un gestionale che gli consente di mettere alla prova le sue capacità di progettazione logica e di simulazione comportamentale. Ma Hassabis non si limita alla programmazione: il giovane osserva con attenzione come i giocatori prendono decisioni, come reagiscono agli stimoli e come apprendono dalle conseguenze. Per il neuroscienziato, il videogioco non rappresenta semplicemente un’evasione, ma un esperimento interattivo sulla mente umana.

In quegli anni matura un’intuizione profonda: per creare un’intelligenza artificiale veramente autonoma, non basta programmarla con regole fisse. È necessario, invece, insegnarle a imparare, come fa un giocatore che, di fronte a un livello sconosciuto, esplora, fallisce e rielabora strategie. Il gioco diventa così un modello del pensiero, un ambiente in cui si osservano in tempo reale processi di apprendimento, problem solving e creatività.

La via della biologia

Dopo la laurea a Cambridge, Hassabis si rende conto che l’informatica da sola non è sufficiente. Per comprendere davvero la mente, è necessario adottare uno sguardo più ampio, più umano. Come anticipato, si dedica quindi alle neuroscienze, deciso a esplorare il cervello non come un semplice organo, ma come un sistema computazionale biologico. Il suo dottorato presso l’UCL lo porta a indagare le basi neurali della memoria episodica, della navigazione spaziale e dell’immaginazione: capacità fondamentali per la costruzione di un’AI in grado di ragionare in modo flessibile e generalizzato.

Da questo percorso nasce la sua idea fondante: l’intelligenza artificiale deve essere ispirata alla biologia, ma non vincolata ad essa; deve imitare i principi fondamentali del cervello umano – apprendimento, generalizzazione, previsione – senza replicarne meccanicamente la struttura. Quella del neuroscienziato diventa la base di pensiero per una nuova generazione di AI, più simile a un esploratore che a un calcolatore. E Hassabis è determinato a realizzarla.

Inizia così a radunare attorno a sé una comunità interdisciplinare di informatici, neuroscienziati, matematici e psicologi, tutti uniti da una visione comune: capire come nasce l’intelligenza, per poi ingegnerizzarla in forme nuove. È la nascita di una filosofia, più che di un semplice algoritmo, che diventerà la base su cui fondare DeepMind.

DeepMind: un laboratorio per l’intelligenza generale

Nel 2010, Demis Hassabis fonda DeepMind insieme a Shane Legg, ricercatore appassionato di intelligenza artificiale e del concetto di AGI (Artificial General Intelligence), e a Mustafa Suleyman, attivista con esperienza nei processi decisionali e politici. Non si tratta di una semplice startup tecnologica: DeepMind nasce come un laboratorio multidisciplinare, con un’ambizione tanto audace quanto chiara fin dall’inizio. L’obiettivo non è sviluppare un’AI per vincere una partita o riconoscere un volto, ma creare una forma di intelligenza artificiale generale capace di apprendere come un essere umano in modo flessibile e creativo.

Per Hassabis, l’AGI rappresenta una sfida scientifica concreta, non una mera fantasia futuristica. Per affrontarla, DeepMind adotta appunto una strategia innovativa: coniugare neuroscienze, informatica, matematica, psicologia cognitiva e filosofia. La crescita del team avviene rapidamente, attirando menti brillanti da tutto il mondo e proponendo un modello di ricerca fondato sulla libertà intellettuale, sull’esplorazione teorica e sulla pubblicazione aperta.

Demis Hassabis

Nel 2014, si verifica una svolta decisiva: Google acquisisce DeepMind per circa 500 milioni di dollari, una delle sue più grandi operazioni commerciali nel settore dell’AI. Tuttavia il neuroscienziato pone come condizione fondamentale che DeepMind mantenga la propria autonomia scientifica ed i suoi valori fondativi, inclusi principi etici rigorosi nello sviluppo dell’AI. Non desidera infatti che il lavoro del laboratorio venga piegato a scopi pubblicitari o commerciali a breve termine; l’obiettivo deve rimanere quello di costruire una mente artificiale in grado di collaborare con l’uomo per affrontare le grandi sfide dell’umanità, dalla medicina alla fisica, dal cambiamento climatico all’educazione.

In questa fase, DeepMind comincia a emergere non solo come centro di eccellenza scientifica, ma anche come luogo di visione dove si progetta un futuro in cui l’AI non è solo potenza di calcolo, ma anche creatività e comprensione.

L’impresa di AlphaGo e oltre: insegnare alle macchine la creatività

Nel 2016, DeepMind conquista l’attenzione mondiale con un’impresa storica: AlphaGo, un sistema di intelligenza artificiale che sconfigge Lee Sedol, uno dei più grandi campioni viventi di Go. Per molti, potrebbe sembrare solo un’altra dimostrazione di potenza computazionale, come quando IBM Deep Blue aveva battuto Kasparov a scacchi nel 1997; tuttavia, per Demis Hassabis, che conosceva bene entrambi i giochi, il Go rappresentava una sfida radicalmente diversa.

Demis Hassabis

Il Go, antico gioco cinese con oltre 2.500 anni di storia, è rinomato per la sua profondità strategica e per la quantità astronomica di combinazioni possibili, molte di più rispetto agli scacchi. Giocare a Go richiede non solo logica, ma anche intuizione, sensibilità spaziale e creatività. Per decenni, gli esperti avevano ritenuto che nessuna macchina avrebbe potuto padroneggiare il gioco. Eppure, AlphaGo non solo vinse ma riuscì a sorprendere tutti con mosse mai viste prima e così talmente originali da rivelarsi geniali.

AlphaZero e AlphaFold

Questo fu un momento di svolta. Come spiegò il neuroscienziato, AlphaGo non stava semplicemente imitando l’intelligenza umana: la stava reinventando. Dopo aver appreso osservando milioni di partite, il sistema si auto-addestrò tramite reinforcement learning, affrontandosi in milioni di sfide contro sé stesso. Sviluppò strategie non umane, aprendo la strada a un nuovo modo di concepire l’intelligenza fatta non solo di calcolo ma di intuizione emergente.

Da questa innovazione nacquero evoluzioni ancora più sofisticate, come AlphaZero, capace di apprendere da zero — senza basi dati umane — e diventare campione assoluto di Go, scacchi e shogi in poche ore. Tuttavia, il vero salto evolutivo avviene con AlphaFold, un sistema, lanciato nel 2020, che applica principi simili non a un gioco, ma alla biologia molecolare, risolvendo uno dei problemi più complessi e cruciali della scienza: la predizione della struttura tridimensionale delle proteine.

Con AlphaFold, DeepMind ha dimostrato che l’AI non serve solo a dominare il gioco, ma può espandere il campo della conoscenza umana; un software addestrato come un atleta, pensato come un biologo e ispirato alla mente umana.

Dietro tutto questo c’è la chiara visione di Demis Hassabis: usare l’intelligenza artificiale per scoprire ciò che ancora non conosciamo con lo scopo, non di replicare l’uomo, ma di superarne i limiti.

Dalla scienza alla medicina: AlphaFold e la rivoluzione biologica

Se AlphaGo ha dimostrato che l’intelligenza artificiale può superare gli umani nei giochi più complessi, AlphaFold ha mostrato che può anche contribuire a risolvere alcuni degli enigmi più intricati della scienza.

Demis Hassabis

Nel 2020, DeepMind annuncia un risultato che scuote profondamente la comunità scientifica: AlphaFold ha risolto il problema del ripiegamento delle proteine, una delle sfide più grandi e irrisolte della biologia molecolare. Per decenni, scienziati di tutto il mondo hanno cercato di comprendere come una catena di amminoacidi si ripiegasse in una struttura tridimensionale funzionale. La forma di una proteina determina la sua funzione, e comprenderla è fondamentale per sviluppare nuovi farmaci, trattare malattie genetiche e capire il funzionamento del corpo umano a livello molecolare.

Demis Hassabis e il suo team, combinando reti neurali profonde, architetture ispirate ai processi visivi biologici e una vasta quantità di dati di laboratorio, sono riusciti là dove la scienza aveva, sino ad allora, incontrato limiti. AlphaFold ha predetto la struttura di migliaia di proteine con una precisione paragonabile a tecniche sperimentali avanzate come la cristallografia a raggi X, ma in una frazione del tempo e del costo.

AlphaFold è open source

Il risultato è stato così rivoluzionario che la rivista Nature l’ha definito come una delle scoperte più importanti del decennio. Non si trattava di un semplice progresso tecnico: rappresentava un cambio di paradigma. Da un giorno all’altro, i laboratori di biologia di tutto il mondo hanno avuto accesso ad informazioni che avrebbero richiesto anni di lavoro. DeepMind, in collaborazione con l’EMBL-EBI (European Bioinformatics Institute), ha reso AlphaFold open source, pubblicando le strutture predette di oltre 200 milioni di proteine – praticamente tutte quelle conosciute dalla scienza. Un gesto che riflette la visione del neuroscienziato: condividere il sapere per accelerare il progresso umano.

Nel 2023 questa iniziativa è stata premiata con il prestigioso Breakthrough Prize in Life Sciences, riconoscendo il valore epocale di AlphaFold per la medicina e le biotecnologie. Già oggi, i suoi dati vengono utilizzati per studiare virus, progettare enzimi per scombinare la plastica, comprendere mutazioni genetiche e affrontare sfide mediche globali come le malattie rare o la resistenza agli antibiotici.

Da segnalare anche il progetto AlphaGenome, un nuovo modello di sequenza del DNA unificante che fa progredire la previsione dell’effetto delle varianti regolatorie e promette di gettare nuova luce sulla funzione del genoma, ora disponibile tramite API.

In un’intervista, Hassabis ha affermato: «Non c’è nulla che valga di più che vedere l’intelligenza artificiale aiutare a salvare vite». AlphaFold rappresenta proprio l’incarnazione di questa visione: un ponte tra calcolo e biologia, tra algoritmi e cura umana, tra teoria e applicazione reale.

Etica, futuro e riflessioni sull’umanità

Mentre l’intelligenza artificiale prosegue il suo cammino verso traguardi sempre più ambiziosi, Demis Hassabis si distingue non solo per le innovazioni tecnologiche da lui guidate, ma anche per la consapevolezza dei limiti e delle responsabilità che tutto ciò comporta. A differenza di molti tecnologi focalizzati esclusivamente sul “come”, Hassabis si interroga costantemente sul “perché” e sul “per chi”.

Fin dalla fondazione di DeepMind, il neuroscienziato ha promosso una riflessione etica interna al team, istituzionalizzando un comitato dedicato alla sicurezza e all’impatto sociale dell’AI. La preoccupazione per un uso improprio della tecnologia – che si tratti di sorveglianza di massa, manipolazione sociale o autonomia incontrollata delle macchine – è sempre stata centrale nel suo pensiero.

Dopo l’acquisizione da parte di Google nel 2014, Hassabis ha infatti negoziato clausole che garantissero l’autonomia e l’integrità etica di DeepMind, al fine di evitare derive legate al profitto o a interessi non allineati con il bene comune.

“Uno dei più potenti strumenti mai creati dall’umanità per risolvere problemi globali”

Il suo approccio all’intelligenza artificiale non è mai stato né utopico né apocalittico, ma sempre improntato a una prudenza etica illuminata. Il neuroscienziato ritiene che l’AI possa diventare “uno dei più potenti strumenti mai creati dall’umanità per risolvere problemi globali”, purché guidata da valori umani profondi. Non a caso, ha più volte sottolineato l’importanza di una governance multilaterale che richiede l’inclusione di governi, accademie, aziende e della stessa società civile in genere, al fine di definire regole chiare e condivise sullo sviluppo e l’uso dell’AI.

Nel dibattito sulla coscienza artificiale, Hassabis mantiene una posizione lucida e realistica. Riconosce i progressi straordinari nel campo dell’apprendimento automatico ma invita a distinguere tra performance e comprensione, tra elaborazione e coscienza. Le macchine, afferma, non “capiscono” il mondo come lo facciamo noi: imitano pattern, ma non vivono emozioni, intenzioni o empatia.

Eppure, è proprio in questa distanza che Hassabis intravede la chiave per un’alleanza creativa tra uomo e macchina: l’intelligenza artificiale non deve emulare l’umano per sostituirlo, ma affiancarlo, amplificando le sue capacità, accelerando la conoscenza e alleviando la sofferenza.

Hassabis: “il pericolo è che l’AI possa diventare troppo simile a noi”

Il suo lavoro ha già scritto pagine fondamentali della storia scientifica contemporanea, ma ciò che rende la sua figura ancora più centrale è la coerenza tra il genio tecnico e la coscienza morale. In un’epoca in cui l’AI è spesso accompagnata da slogan, timori e promesse iperboliche, il neuroscienziato invoca un’intelligenza – naturale e artificiale – guidata dalla curiosità, dalla bellezza della scoperta e dalla volontà di costruire un futuro condiviso.

Per il Hassabis il vero pericolo non risiede nel fatto che l’AI possa diventare troppo simile a noi, ma nel rischio che la nostra umanità non sia sufficientemente presente nelle scelte che guidano il suo sviluppo.

Comprendere Demis Hassabis significa capire una delle chiavi del nostro futuro: un mondo in cui la mente umana, grazie alle sue estensioni artificiali, potrà riflettersi, migliorarsi e, forse per la prima volta, avere una vera consapevolezza di sé.

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