La Commissione europea ha ufficialmente aperto un’indagine contro Google, per verificare se l’azienda abbia violato le norme UE sulla concorrenza utilizzando contenuti online di editori e creatori senza autorizzazione adeguata o compenso.
Nel mirino ci sono in particolare due fronti:
- da un lato l’uso di testi pubblicati da siti di informazione o altri editori web per alimentare servizi generativi come “AI Overviews” e “AI Mode”, cioè funzioni che generano risposte o riassunti con l’AI direttamente nella pagina dei risultati di ricerca.
- Dall’altro lato – come sottolinea la Commissione – c’è la possibile utilizzazione di video e altri contenuti caricati su YouTube per addestrare modelli generativi di AI, senza offrire ai creatori un compenso e senza dare loro opzioni di rifiuto.
Indice degli argomenti:
Le accuse: abuso di posizione dominante e squilibrio competitivo
Secondo Bruxelles, Google potrebbe aver imposto “termini e condizioni iniqui” a editori e content creator, ponendo le sue funzionalità AI in una posizione di vantaggio ingiustificato rispetto a sviluppatori concorrenti.
Inoltre, l’indagine prende di mira l’eventuale dipendenza degli editori da Google Search per il traffico di utenti: molti rischierebbero di rinunciare al proprio contenuto piuttosto che perdere visibilità – una forma di coercizione implicita che alimenterebbe la posizione dominante del colosso.
Nel 2024, la Commissione per la Protezione dei Dati irlandese (DPC), responsabile dell’applicazione del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) dell’Unione Europea, aveva annunciato di aver avviato un’inchiesta formale su Pathways Language Model 2 (PaLM 2) di Google.
Contestualizzazione: tra AI, editoria e regolamentazione
La mossa della Commissione arriva in un momento di crescente tensione tra le big tech e i regolatori europei. Nel mirino non c’è solo l’uso dei contenuti per l’AI, ma un più ampio dibattito su come garantire equità, trasparenza e pluralismo nell’era dell’intelligenza artificiale.
Nei giorni scorsi la Commissione ha aperto un’indagine su Meta per restrizioni all’AI su Whatsapp.
Già gruppi di editori – in Italia come all’estero – avevano espresso preoccupazione nei mesi scorsi, denunciando che servizi come “AI Overviews” e la modalità “AI Mode” riducono click, visibilità e quindi entrate, minacciando la sostenibilità economica dell’informazione indipendente.
Se l’indagine dovesse confermare le violazioni, le conseguenze potrebbero essere drastiche: multe salate, modifiche obbligate alle policy di utilizzo dei contenuti da parte di Google, e un possibile precedente per tutte le grandi piattaforme che fanno uso di intelligenza artificiale.
Reazioni immediate: editori e creatori applaudono, Google valuta rischi
L’European Publishers Council (EPC) – e altre organizzazioni di editori – hanno accolto con favore l’annuncio, affermando che la decisione della Commissione riconosce la gravità dell’impatto delle nuove funzionalità AI sul modello di business dell’editoria.
Google, dal canto suo, ha avvertito che un’indagine eccessivamente restrittiva potrebbe “soffocare l’innovazione” proprio in un momento di intensa competizione nel settore dell’AI.
Cosa può cambiare: un bivio per il futuro dell’informazione e dell’AI
Se la Commissione stabilirà che Google ha effettivamente abusato del suo potere, potrebbe imporre sanzioni e obblighi correttivi, ridefinendo come le piattaforme usano contenuti per l’AI.
Per editori e creatori, sarebbe un riconoscimento – e forse un’arma – per rivendicare compensi o condizioni di utilizzo più eque.
Per l’intero ecosistema digitale europeo, sarebbe un precedente importante nella regolazione dell’AI, a tutela della concorrenza, della pluralità informativa e del lavoro dei creatori.







