Il settore tecnologico è tradizionalmente a forte predominanza maschile, ma i dati forniti da OpenAI ribaltano lo stereotipo: se nel 2022-2023 circa l’80% degli utenti aveva “nomi tipicamente maschili”, nel 2025 la maggioranza (52%) ha “nomi femminili”.

OpenAI ha pubblicato il primo studio dettagliato sul profilo e sui comportamenti degli utenti di ChatGPT. I dati sono stati raccolti da 1,5 milioni di conversazioni (log della chat) tra maggio 2024 e giugno 2025.
Un altro dato chiave che emerge riguarda la distribuzione geografica: l’uso di ChatGPT cresce più rapidamente nei Paesi più poveri rispetto a quelli più ricchi. Infine, secondo OpenAI, il chatbot conta oltre 700 milioni di utenti settimanali a livello globale.

Indice degli argomenti:
Per cosa viene usato ChatGPT
Se nel 2024 il bilanciamento tra richieste personali e professionali era quasi pari, a metà 2025 le conversazioni non legate al lavoro sono salite al 73% del totale.
Lo studio classifica le interazioni in sette categorie principali. La più diffusa è la “guida pratica” (28,3%), che include consigli su studio, esercizi fisici e istruzioni passo-passo.
Segue la scrittura, con particolare enfasi su editing e revisione di testi (38%), comunicazione personale (16%) ed esercizi di scrittura creativa o accademica. Solo il 4,2% delle conversazioni riguarda la programmazione, pur restando una nicchia strategica per il settore tech.


un campione di circa 1,1 milioni di conversazioni campionate dal 15 maggio 2024 al 26 giugno 2025.
Le osservazioni sono riponderate per riflettere il volume totale dei messaggi in un dato giorno.
ChatGPT sfida i motori di ricerca
La terza categoria più popolare è la ricerca di informazioni, che gli analisti definiscono “molto vicina a un sostituto della ricerca web”.
Questo trend segna una minaccia diretta al modello economico di Google, che basa i suoi 55 miliardi di dollari annui sugli annunci legati alle ricerche. Non a caso Google sta spingendo i propri sistemi di intelligenza artificiale in cima ai risultati delle query, relegando i link tradizionali in basso.
Lo studio rivela anche che il 2,1% delle richieste riguarda prodotti acquistabili: un potenziale mercato per OpenAI, che potrebbe integrare pubblicità o accordi commerciali.

L’AI come confidente
Solo l’1,9% delle conversazioni riguarda relazioni personali e riflessioni intime, un dato che contrasta con altre ricerche che individuano nella “terapia conversazionale” uno degli usi più frequenti dei chatbot.
Non mancano però i rischi. La Federal Trade Commission statunitense ha aperto un’indagine sugli effetti dei chatbot usati come “compagni virtuali”. Nel frattempo, OpenAI lavora a strumenti di controllo parentale per monitorare l’interazione dei minori con ChatGPT.
Una quota minima (0,4%) riguarda giochi di ruolo e scenari di “AI girlfriend”, che alimentano il dibattito sulle dinamiche parasociali con l’intelligenza artificiale.
ChatGPT è un ecosistema personale e informativo
Lo studio di OpenAI offre uno spaccato prezioso ma ancora parziale. L’assenza di revisione scientifica indipendente e la natura auto-selezionata dei dati pongono limiti evidenti. Tuttavia, emerge un punto chiave: ChatGPT non è più solo un assistente da ufficio, ma un ecosistema personale e informativo.
Questo dato va confrontato con quello, di segno diverso, che emerge dall’Anthropic Economic Index 2025, secondo cui il 77% degli usi aziendali delle API Claude ricade nella categoria “automazione”; l’AI viene spesso incaricata di svolgere compiti in modo autonomo, senza un’interazione collaborativa o iterativa sostanziale.
Se l’uso a scopo “ricerca” continuerà a crescere, OpenAI potrebbe davvero ridisegnare l’economia digitale, sottraendo traffico e ricavi pubblicitari a Google. Ma questo aprirebbe una nuova fase di conflitto: chi controllerà l’accesso alle informazioni e, di conseguenza, la monetizzazione delle conversazioni quotidiane?




