Prosegue il braccio di ferro fra la Commissione Europea e l’industria mondiale dell’AI. Nonostante le crescenti pressioni da parte di aziende tecnologiche e alcuni Stati membri, la Commissione europea è fermamente intenzionata a mantenere il cronoprogramma dell’AI Act, la legge europea sull’intelligenza artificiale. Il portavoce della Commissione, Thomas Regnier, ha dichiarato esplicitamente: non ci saranno “no stop the clock”, “no grace period” e “no pause”.
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L’Unione Europea conferma il calendario dell’AI Act
Secondo quanto riportato da Foo Yun Chee (Reuters), le richieste di sospensione avanzate da aziende come Alphabet (Google), Meta, ma anche da realtà europee come Mistral e ASML, non hanno modificato la linea della Commissione. Le disposizioni sono già entrate in vigore a febbraio; gli obblighi per i modelli di AI di uso generale scatteranno ad agosto 2025 (ossia fra 3 settimane) e quelli per i sistemi ad alto rischio da agosto 2026. Per venire incontro alle preoccupazioni delle imprese, Bruxelles proporrà entro fine anno misure di semplificazione, in particolare per ridurre gli oneri per le PMI.
Virkkunen: “Le regole digitali europee non sono negoziabili”

Nel contesto delle trattative commerciali con gli Stati Uniti, la responsabile per la tecnologia della Commissione, Henna Virkkunen, ha chiarito che Digital Services Act, Digital Markets Act e AI Act non sono oggetto di negoziazione. Secondo Pieter Haeck (POLITICO), Virkkunen ha ribadito che queste leggi sono “based on our European values” e servono a garantire “trustworthy technologies”, sottolineando che “they are not part of trade negotiations from our side”.
La posizione è una risposta diretta all’amministrazione Trump e ai vertici tech americani, che contestano le norme europee, accusando ad esempio il Digital Services Act di legittimare la censura e il Digital Markets Act di colpire in modo sproporzionato le imprese statunitensi. Anche l’idea di una pausa per l’AI Act, promossa da alcuni leader europei e aziende, è stata respinta da Bruxelles.
Il primo leader europeo chiede una pausa
Il primo capo di governo ad esporsi pubblicamente per un rinvio dell’AI Act è stato il premier svedese Ulf Kristersson, che durante un incontro con il parlamento ha definito la normativa “confusing”. La posizione di Kristersson si aggiunge a quelle più caute già espresse da Polonia e Repubblica Ceca. Secondo il premier, la legge non dovrebbe proseguire senza l’adozione di standard comuni, poiché la sua attuazione rischia di frenare l’innovazione o rendere inaccessibili alcune applicazioni nel mercato europeo.
L’eurodeputata svedese Arba Kokalari, esponente del Partito Popolare Europeo, ha appoggiato l’appello e suggerito di includere l’AI Act nel pacchetto di semplificazioni digitali che la Commissione presenterà prossimamente.

I CEO delle big europee: “Serve una sospensione di due anni”
In una lettera aperta condivisa da Eliza Gkritsi (POLITICO), 46 amministratori delegati delle principali aziende europee – tra cui Airbus, TotalEnergies, Lufthansa, ASML e Mistral – hanno chiesto ufficialmente a Bruxelles una sospensione di due anni nell’attuazione dell’AI Act.
I firmatari denunciano che “unclear, overlapping and increasingly complex EU regulations” stanno minando la capacità delle imprese di operare nel mercato europeo. Una pausa, secondo loro, dimostrerebbe che l’Unione è realmente impegnata nella semplificazione normativa e nel rafforzamento della competitività. La richiesta riguarda in particolare gli obblighi sui modelli di AI di uso generale in vigore da agosto 2025 e quelli per i sistemi ad alto rischio da agosto 2026.
Henna Virkkunen ha dichiarato che una decisione in merito potrà arrivare entro la fine di agosto, nel caso in cui non siano ancora pronti gli standard tecnici per l’attuazione.
Le pressioni statunitensi complicano il cammino dell’AI Act
Secondo quanto riportato da Michael McNamara, eurodeputato e co-presidente del gruppo di lavoro sull’attuazione dell’AI Act, il recente viaggio del vicepresidente USA JD Vance in Europa ha evidenziato l’opposizione americana alla normativa. La tesi è che una regolamentazione eccessiva possa “uccidere” un settore in piena trasformazione.
Il cuore della questione è la definizione di un codice di condotta volontario per i modelli di AI generica, elaborato da esperti indipendenti con contributi dall’industria e altri stakeholder. Tuttavia, finalizzarlo è sempre più difficile a causa delle pressioni esterne e del clima di incertezza crescente nelle capitali europee.
Anche la Polonia ha recentemente chiesto un “stop-the-clock” per alcune disposizioni dell’AI Act, temendo impatti su commercio e sovranità tecnologica.
Parallelamente, i settori creativi europei si sentono sempre più abbandonati, vedendo le proprie opere utilizzate per l’addestramento dell’AI senza consenso, riconoscimento o compenso. Senza un intervento legislativo imminente, saranno i tribunali a decidere se le aziende possono allenare i modelli su contenuti protetti da copyright senza permesso, e quali regole di trasparenza, licensing o opt-out dovranno tutelare i diritti degli autori.
“Non cedere ora”: l’appello a tenere la rotta
In un editoriale pubblicato sull’IAPP, Kai Zenner (capo ufficio e consigliere per le politiche digitali dell’eurodeputato Axel Voss) e Sebastian Hallensleben (Chief Trust Officer di Resaro) sostengono che anche solo considerare una pausa significherebbe perdere lucidità proprio nel momento in cui l’Europa ha più bisogno di leadership.
Pur riconoscendo le difficoltà – dai ritardi nell’istituzione dell’AI Office alla mancanza di risorse nei Paesi membri – gli autori ritengono che queste sfide non giustifichino un dietrofront. Su questa linea anche alcuni esponenti delle authorities italiane (vedi questo articolo)
Servono invece tre mosse decise:
- Unificare gli strumenti di supporto alle PMI
- Ripensare il sistema decentrato di enforcement previsto dall’AI Act
- Lanciare una vera Digital Industrial Strategy per l’infrastruttura tecnologica sovrana europea
Per Zenner e Hallensleben, il punto non è deregolamentare, ma calibrare meglio. E cedere alle pressioni geopolitiche sarebbe un danno autoinflitto.





