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Guida al Vibe coding: cos’è e quali tool usare



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Con questo nuovo paradigma di sviluppo software la programmazione cambia: il programmatore si concentra sull’intento e sulla logica di alto livello; l’AI traduce l’intento in codice, diventando un partner strategico. Analizziamo in dettaglio questo nuovo approccio, dai tool indispensabili alle sfide concrete per gli sviluppatori

Pubblicato il 19 set 2025

Gioele Fierro

CEO e Founder Promezio Engineering



Vibe coding

Sviluppare software significa pensare creativamente: immaginare strutture, prevedere scenari, costruire architetture che sappiano resistere al tempo. Significa conoscere la sintassi dei linguaggi, e padroneggiare le tecniche che permettono di piegarli a forme di espressione che risolvano problemi reali. Significa usare schemi e modelli per dare coerenza a sistemi complessi. Significa, soprattutto, prendere decisioni strategiche: scegliere oggi soluzioni che determineranno la solidità e la manutenibilità di un progetto negli anni a venire.

Il Vibe coding definisce un nuovo paradigma di sviluppo software in cui il programmatore si concentra sull’intento e sulla logica di alto livello, delegando a strumenti di intelligenza artificiale generativa il compito di tradurre questa visione in codice sorgente. È un approccio che, per lo meno in linea teorica, sposta il focus dal dettaglio sintattico alla vision architetturale. Questo nuovo modo di sviluppare impatta direttamente sulla velocità del business. Quando il time-to-market è un fattore critico la capacità di passare dall’idea al prototipo funzionante in tempi drasticamente ridotti potrebbe rappresentare un vantaggio competitivo.

Che cos’è il Vibe coding

Se dobbiamo trovare una definizione concisa, il Vibe coding è il processo di generazione software descrivendone feature e flussi funzionali a un’AI, nello specifico a un Large Language Model appositamente ottimizzato. Potrebbe sembrare che la competenza dello sviluppatore si limiti alla definizione della business logic e dell’esperienza utente. In realtà l’autore dei prompt deve anche essere in grado di leggere, comprendere e, soprattutto, correggere il codice prodotto dall’AI.

Il tempo speso a scrivere codice boilerplate, a leggere la documentazione per ricordare la sintassi esatta di una funzione o a implementare algoritmi standard si riduce drasticamente. Il developer ha così più tempo per definire requisiti, a rivedere criticamente il codice generato dall’AI, a testarne la robustezza e a perfezionarlo. L’enfasi si sposta inevitabilmente dalla sintassi (il “come” si scrive) alla semantica e alla logica (il “cosa” si sta costruendo e “perché”).

Provare un nuovo approccio architetturale, creare un prototipo per un’idea di prodotto innovativa o testare una nuova libreria diventa un’operazione che richiede ore anziché giorni. Questo abbassa la barriera all’innovazione e incoraggia una cultura della sperimentazione, con un impatto diretto sulla capacità dell’azienda di adattarsi e competere.

La filosofia e il processo del Vibe coding

Il vibe coder basa il suo lavoro su un concept fondante: l’iterazione continua. Il processo di sviluppo non è mai costituito da un singolo comando seguito da un output perfetto, ma un ciclo di dialogo, generazione, feedback e rifinitura. Il prompting è quindi una skill chiave che influisce preponderantemente sulla qualità del risultato e sui tempi di sviluppo. La capacità di formulare richieste precise, chiare, che definiscono adeguatamente il contesto, permettono di avvicinare il risultato alle aspettative. L’intelligenza artificiale è in grado di generare codice a una velocità elevata, ma manca del contesto di business, del pensiero critico e di una reale comprensione delle implicazioni a lungo termine delle scelte architetturali.

Il processo operativo del vibe coding può essere scomposto in quattro fasi cicliche che guidano lo sviluppatore dal concetto all’implementazione.

  1. Definizione del Vibe. Lo sviluppatore descrive l’obiettivo in linguaggio naturale, fornendo il maggior contesto possibile. Ciò include il linguaggio di programmazione, i framework da utilizzare, i requisiti funzionali e non e, idealmente, qualche esempio.
  2. Generazione e revisione. L’assistente AI analizza il prompt e genera una prima bozza di codice. Qui entra in gioco l’esperienza umana: lo sviluppatore valuta l’output per verificarne la correttezza, l’aderenza alle best practice, la sicurezza e la leggibilità. Molto spesso, questa prima bozza è un punto di partenza funzionale ma ancora grezzo, che necessita di ulteriori interventi.
  3. Ciclo di rifinitura iterativa. Lo sviluppatore fornisce feedback puntuali per migliorare il codice, in un processo che può richiedere diversi scambi. In questa fase si interviene per correggere eventuali errori logici evidenti, e per minimizzare l’over-engineering e l’eccessiva verbosità che spesso caratterizza il codice generato dall’AI.
  4. Integrazione e validazione, che conclude il ciclo. Una volta che il codice del componente è soddisfacente, viene integrato nella codebase esistente. A questo punto, il codice generato dall’AI viene trattato come qualsiasi altro: deve superare test unitari, test di integrazione e tutti i controlli di qualità previsti prima di poter essere considerato pronto per la produzione.

I migliori tool di Vibe coding

Il mercato degli strumenti di sviluppo assistito da AI è in grande espansione. La scelta dipende da fattori come lo stack tecnologico aziendale, le policy di sicurezza e il livello di integrazione desiderato nell’ambiente di sviluppo (IDE).

I tool di sviluppo sono integrati direttamente nell’editor di codice, supportando le attività di sviluppo direttamente dall’ambiente tradizionale nel quale lo sviluppatore opera.

Vibe coding
  • GitHub Copilot: è senza dubbio lo strumento più conosciuto e adottato. Integrato nativamente in Visual Studio Code e altri IDE, eccelle nell’autocompletamento intelligente di intere funzioni o blocchi di codice, nella traduzione di commenti in codice e nella scrittura di test unitari.
Vibe coding
  • Amazon CodeWhisperer: si posiziona come un’alternativa solida, profondamente integratacon l’ecosistema AWS, suggerendo codice ottimizzato per i servizi Amazon. CodeWhisperer è fortemente orientato alla sicurezza, esegue la scansione del codice generato per identificare potenziali vulnerabilità e offre un tracciamento delle licenze del codice sorgente su cui si basa un suggerimento.
Vibe coding
  • Tabnine: si differenzia per la sua flessibilità, infatti può essere addestrato sullo stile di codifica specifico di un’azienda, garantendo coerenza nella codebase. Offre inoltre opzioni di installazione on-premise o in cloud privati, un requisito fondamentale per le aziende che gestiscono dati sensibili e non possono permettere che il loro codice lasci i propri server.

Esistono anche una serie di piattaforme per la prototipazione rapida. Questi strumenti vanno oltre il suggerimento di codice, offrendo ambienti completi per trasformare idee in prototipi funzionanti.

  • Cursor: si presenta come un nuovo IDE AI-first, ovvero un editor di codice costruito da zero attorno all’interazione con l’intelligenza artificiale. A differenza dei plugin, in Cursor l’AI è il nucleo del flusso di sviluppo, permettendo di modificare intere porzioni di codice, fare refactoring complessi e porre domande sull’intera codebase in modo contestuale.
  • v0.dev by Vercel: è uno strumento per la prototipazione di interfacce utente (UI). L’utente descrive a parole l’interfaccia desiderata, e v0 genera il codice React/Next.js corrispondente, completo di stili Tailwind CSS. È lo strumento perfetto per sincronizzare e velocizzare la collaborazione tra team di prodotto, designer e sviluppatori front-end.
  • Replit AI: offre un ambiente di sviluppo completo e collaborativo direttamente nel browser. L’intelligenza artificiale è integrata in ogni aspetto dell’esperienza, dalla creazione della struttura iniziale di un progetto (boilerplate) al debugging, alla spiegazione di porzioni di codice complesse. È ideale per onboarding, formazione e sviluppo rapido senza la necessità di configurare un ambiente locale.

Vantaggi e sfide per le imprese

L’adozione del Vibe coding in azienda ha profonde implicazioni strategiche. Da un lato abbiamo velocità e agilità di prototipazione, con la produttività a breve termine dei team di sviluppo che aumenta significativamente. Questo approccio favorisce anche una parziale democratizzazione delle competenze tecniche: pur non eliminando la necessità di specialisti, abbassa la barriera d’ingresso per la creazione di script semplici o componenti standard, rendendo figure come analisti dati o DevOps più autonome.

Le aziende devono però anche fare i conti con la realtà. Siamo ancora molto lontani dal poter affidare a un’AI la scrittura di applicazioni non banali dall’inizio alla fine. Il ruolo della supervisione umana esperta non solo è consigliato, ma è assolutamente critico per sviluppare prodotti di qualità. La qualità del codice generato è forse l’ostacolo più grande. Spesso, il risultato è eccessivamente prolisso, poco manutenibile e privo di eleganza architetturale.

L’AI è ottimizzata per produrre una soluzione che funziona nell’immediato, non per scrivere codice che sia facile da leggere, modificare ed estendere tra sei mesi. Tende a ignorare pattern di design consolidati e a produrre soluzioni farraginose che un programmatore esperto scarterebbe a priori.

I limiti del Vibe coding

Questo limite si estende alle scelte architetturali complesse: ad oggi un’AI può scrivere una funzione o un piccolo servizio, ma non può progettare l’architettura di un sistema distribuito. Non può decidere come scomporre un monolite complesso in microservizi o quale database usare per un certo carico di lavoro, decisioni che richiedono una comprensione profonda del contesto di business e dei compromessi a lungo termine. Alla base di queste carenze c’è il problema della formazione: l’AI impara da miliardi di righe di codice open source, parte del quale è obsoleto, insicuro o semplicemente di bassa qualità, rischiando di riproporre pratiche di programmazione scadenti.

Le sfide degli aspetti operativi

Esistono anche altre sfide che vanno oltre la qualità tecnica, ma si estendono agli aspetti operativi. Il debugging e la manutenzione, possono diventare più lunghi e complessi, fino al punto di vanificare il guadagno in velocità ottenuto usando l’AI. Risolvere un problema in un codice che non si è scritto personalmente è già una sfida, ma farlo su un codice generato da una scatola nera come l’AI, la cui logica implementativa può essere poco intuitiva, può rallentare il processo anziché accelerarlo.
Ancora più critico è il rischio legato alla proprietà intellettuale e alle licenze. Se un’AI genera un blocco di codice identico o molto simile a uno presente in un repository con una licenza restrittiva (come la GPL), l’azienda potrebbe trovarsi involontariamente a violare quella licenza, esponendosi a conseguenze legali ed economiche significative.

Il Vibe coding tra no-code e futuro della programmazione

Il Vibe coding è un’evoluzione delle prime piattaforme no-code. A differenza di queste ultime, pensate per utenti non tecnici e limitate nella loro flessibilità, il Vibe coding non nasconde completamente il codice, ma ne accelera la stesura. Questa differenza rende il vibe coding più adatto delle piattaforme no-code in scenari d’uso complessi e difficili da standardizzare. Invece di rimpiazzare il programmatore, lo eleva a un ruolo diverso: quello di architetto, supervisore e partner strategico dell’intelligenza artificiale.

Nel futuro dello sviluppo software è facile immaginare che sarà sempre meno importante per gli sviluppatori memorizzare la sintassi, e saranno sempre più rilevanti le capacità di decomporre problemi complessi, di formulare intenti chiari e di validare criticamente le soluzioni generate. Il Vibe coding non è la tecnologia che segna la fine della programmazione ad alto livello, ma la sua evoluzione verso una disciplina più agile, astratta e strategica.

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