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SWE-bench: cos’è la piattaforma che mette l’AI alla prova in ingegneria informatica



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Addentriamoci in una piattaforma che si prefigge di standardizzare i test per il codice scritto dall’intelligenza artificiale. Uno strumento per valutare l’efficacia dei modelli nel trovare soluzioni a problemi di ingegneria del software

Pubblicato il 30 mag 2025

Gioele Fierro

CEO e Founder Promezio Engineering



SWE-bench

Le ultime iterazioni dei modelli generativi per il coding hanno ormai superato la nostra capacità di valutarli efficacemente. L’ingegneria del software diventa così una disciplina di frontiera, un banco di prova per comprendere e valutare le prossime generazioni di intelligenza artificiale.

L’impiego dell’AI nell’ingegneria del software solleva questioni critiche legate alla cybersecurity. Un codice generato o modificato da un’intelligenza artificiale, per quanto funzionale, potrebbe celare vulnerabilità inedite o ereditare debolezze dai dati di addestramento, esponendo i sistemi a rischi difficilmente prevedibili. La velocità con cui l’AI è in grado di produrre o alterare software impone quindi una capacità di validazione rigorosa, per prevenire la creazione involontaria di falle di sicurezza o, peggio, la loro introduzione deliberata tramite la manipolazione dei modelli stessi.

SWE-bench rappresenta una delle possibili vie percorribili per standardizzare questi processi di valutazione. Si tratta di un framework costituito da problemi di sviluppo software in Python, generati a partire da segnalazioni su GitHub. La risoluzione di tali problemi richiede una comprensione profonda di tutte le componenti del progetto, oltre a capacità di coordinamento per gestire modifiche estensive che comportano l’editing di sorgenti multipli.

Cos’è SWE-bench

SWE-bench (Software Engineering Benchmark) è una piattaforma di valutazione progettata per misurare la capacità dei modelli di linguaggio di grandi dimensioni (LLM), come quelli che alimentano ChatGPT o Claude, di risolvere task di ingegneria del software.

L’efficacia di questa valutazione risiede in un approccio pragmatico: i problemi che servono da banco di prova per l’AI sono tratti da casi reali. SWE-bench attinge a veri bug e richieste di nuove funzionalità (issue) segnalati su GitHub, la più grande piattaforma di hosting per progetti software. Parliamo di repository popolari e attivamente manutenuti, scritti in linguaggio Python e basati su librerie molto note come Django, Matplotlib, scikit-learn e SymPy.

Alle AI non viene fornita solo la descrizione del problema, ma anche un ambiente di lavoro completo: l’intero codice sorgente del progetto, la descrizione dell’issue (spesso scritta da umani per altri umani, quindi con ambiguità e dettagli impliciti) e, soprattutto, una serie di test che la soluzione proposta deve superare affinché l’issue possa essere considerata risolta.

Il codice generato viene automaticamente testato: se passa i test predefiniti (gli stessi che il software originale utilizza per verificare la correzione del bug o l’implementazione della nuova feature), il task è considerato risolto.

SWE-bench

A cosa serve SWE-bench

Le aziende e gli sviluppatori che usano l’AI per scrivere codice sono ormai numerosissimi, ma scegliere quale tecnologia adottare e come utilizzarla sta diventando sempre più complesso. SWE-bench offre un metro di giudizio oggettivo, permettendo di inquadrare e giustificare formalmente l’uso di queste tecnologie in uno scenario operativo reale.

I risultati attuali, per esempio, mostrano che modelli avanzati come Claude 4 riescono a risolvere autonomamente oltre il 70% dei problemi proposti in modalità unassisted. Sapere cosa l’AI può e non può fare aiuta a prendere decisioni più informate. È prematuro pensare di sostituire interi team di sviluppo con un’AI.

È invece più realistico considerare l’AI come un assistente potenziato, capace di accelerare alcune fasi, automatizzare compiti ripetitivi oppure suggerire possibili soluzioni per la risoluzione di bug o per l’implementazione di nuoe funzionalità. SWE-bench contribuisce a tarare le aspettative e, di conseguenza, a pianificare investimenti mirati in strumenti e formazione.

L’AI moltiplica la dev velocity dei team di sviluppo, vale a dire la rapidità nel raggiungimento di obiettivi prefissati. La generazione di test unitari diventa molto più semplice, permettendo l’adozione delle best practice anche in progetti di piccole dimensioni e da sviluppare con tempistiche strette. Comprendere le capacità emergenti dell’AI può ispirare i team a sperimentare e a migliorarsi.

Un manager può incoraggiare progetti pilota per integrare strumenti AI-powered nel flusso di lavoro degli sviluppatori, misurandone l’impatto sulla produttività e sulla qualità del software.

L’AI sta cambiando il ruolo degli sviluppatori, spostando le competenze richieste verso la capacità di definire problemi in modo chiaro per l’AI, validare e integrare il codice da essa generato, progettare e gestire architetture software complesse.

SWE-bench

Come funziona SWE-bench

Senza addentrarci in tecnicismi complessi, possiamo riassumere il flusso di lavoro di SWE-bench per comprenderne meglio il funzionamento.

La prima fase è quella di raccolta dati, durante la quale vengono analizzati decine di migliaia di repository su GitHub. Quando una issue, vale a dire un problema o una richiesta, viene chiusa attraverso una pull request (la proposta di modifica al codice per risolvere l’issue), questa coppia issue-soluzione diventa un potenziale candidato per il benchmark.

Scelto il giusto banchmark, si passa alla creazione dell’istanza, recuperando lo stato del repository precedente all’applicazione della soluzione. Vengono quindi estratte la descrizione dell’issue e i commenti rilevanti. Inoltre, si identificano i test che quella specifica pull request è riuscita a superare.

A questo punto, viene definito il compito per l’AI, fornendo al modello la descrizione dell’issue; l’accesso virtuale al codice sorgente del progetto, nello stato precedente alla correzione; eventuali file specifici menzionati nell’issue; infine, un prompt che richiede la generazione di una patch, ossia delle modifiche da applicare al codice per risolvere il problema.

L’ultima fase è quella della valutazione. La patch generata dall’AI viene applicata al codice sorgente e, in seguito, vengono eseguiti i test specifici associati a quell’issue. Se tutti i test pertinenti vengono superati con successo, il task è considerato risolto.

SWE-bench

Il futuro del benchmarking nella software engineering

SWE-bench è diventato un punto di riferimento per il testing di codice generato da modelli di intelligenza artificiale, ma c’è ancora molto strada da fare.

Una prima area di attenzione riguarda la portata e la generalizzabilità del benchmark. Attualmente, SWE-bench si concentra principalmente su progetti Python e sulla risoluzione di bug o l’implementazione di piccole funzionalità documentate tramite issue su GitHub. Sebbene Python sia un linguaggio estremamente popolare, il panorama dello sviluppo software è molto più vasto e comprende una miriade di altri linguaggi, ognuno con i propri paradigmi e con ecosistemi di librerie.

Inoltre, i compiti dell’ingegneria del software vanno ben oltre la semplice correzione di bug. Includono la progettazione di architetture complesse, il refactoring su larga scala, l’ottimizzazione delle performance, la stesura di documentazione tecnica, la gestione di dipendenze intricate e la sicurezza a livello di sistema. Per questo motivo, la capacità di un LLM di eccellere in SWE-bench potrebbe non tradursi necessariamente in una performance analoga in attività differenti, come lo sviluppo di sistemi embedded in C o la creazione di un’applicazione web complessa basata su microservizi.

Servono metriche relative alla qualità del codice

Un altro limite riguarda la valutazione basata unicamente sulla correttezza funzionale del codice, misurata attraverso il superamento dei test. Un software funzionante non è necessariamente un buon software. Aspetti come la leggibilità del codice, la manutenibilità, l’efficienza (in termini di tempo di esecuzione o uso di risorse), la robustezza a input imprevisti e, soprattutto, la sicurezza, sono più difficili da quantificare e automatizzare in un benchmark. Un codice generato da AI potrebbe superare tutti i test, ma risultare inefficiente, di difficile comprensione per uno sviluppatore umano o, peggio, introdurre sottili vulnerabilità di sicurezza non coperte dai test esistenti. L’integrazione di metriche relative alla qualità del codice e alla sicurezza rappresenta una frontiera di ricerca attiva.

Occorre poi considerare il fattore umano e la collaborazione. Lo sviluppo software reale raramente è un’attività solitaria: implica comunicazione, collaborazione all’interno di un team, interpretazione di requisiti ambigui o incompleti, negoziazione di compromessi tecnici, apprendimento continuo e adattabilità.

SWE-bench, nella sua forma attuale, valuta principalmente la capacità di un LLM di agire come uno sviluppatore individuale su un task ben definito. Le future iterazioni dei sistemi di benchmarking potrebbero esplorare scenari più collaborativi, in cui l’AI interagisce con sviluppatori umani o altri agenti AI per risolvere problemi più complessi.

Conclusioni

SWE-bench rappresenta una solida base di partenza per la standardizzazione della valutazione del codice generato dall’AI, ma il percorso verso un’integrazione matura, sicura e olistica dell’intelligenza artificiale nel ciclo di vita dello sviluppo del software è ancora in piena evoluzione. Questo richiederà un impegno costante nella ricerca e nello sviluppo di benchmark sempre più sofisticati e rappresentativi, capaci non solo di testare, ma anche di guidare l’evoluzione responsabile dell’AI al servizio di un’ingegneria del software più efficiente, affidabile e sicura.

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