applicazioni

AI nella sanità: i dati contano molto più degli algoritmi



Indirizzo copiato

Una vera governance del dato deve fondarsi su repository neutrali, capaci di accogliere dati strutturati e non strutturati – dalle immagini ai video, passando per i dati clinici e genomici – in modo interoperabile. Solo così è possibile creare un ecosistema realmente connesso, dove l’AI possa lavorare su basi utili, verificate e affidabili

Pubblicato il 29 ago 2025

Roberta Ranzo

sales leader enterprise informatics – Philips



Philips AI sanità

L’intelligenza artificiale non è una promessa futuristica: è già tra noi, nelle corsie degli ospedali, nelle sale operatorie, nei reparti di diagnostica per immagini. Eppure, il vero punto di svolta non è (ancora) nell’algoritmo, ma nel dato. Perché l’AI possa davvero migliorare la qualità delle cure, accelerare le diagnosi e alleggerire il carico di lavoro dei professionisti sanitari, serve una base solida di dati che diventino informazioni utili e strategiche. Non solo. Questi dati devono essere interoperabili, accessibili, sicuri e gestiti attraverso l’utilizzo di standard aperti e all’interno di infrastrutture scalabili per far fronte alle cresciti necessità di una struttura ospedaliera o di un reparto.

In altre parole, serve una sanità davvero digitale, in cui il dato sia disponibile, integrato e utilizzabile in tempo reale.

Oggi, purtroppo, non è sempre così. Proprio questo è stato uno dei temi chiave durante il Convegno Nazionale 2025 dell’Associazione Italiana Ingegneri Clinici (AIIC), tenutosi a giugno.

Dati ovunque, valore non sempre accessibile

Ospedali e strutture sanitarie producono ogni giorno una mole impressionante di informazioni: referti, immagini diagnostiche, parametri vitali, tracciati, video. Ma spesso questi dati restano imprigionati in silos, vincolati da sistemi chiusi e incompatibili. Tutto questo rischia di rallentare la tempestività di una diagnosi, di limitare la possibilità di una seconda opinione efficace, di garantire una continuità assistenziale per il paziente su tutto il territorio, indipendentemente dalla regione di assistenza.

Una vera governance del dato in sanità deve fondarsi su repository neutrali, capaci di accogliere dati strutturati e non strutturati – dalle immagini ai video, passando per i dati clinici e genomici – in modo interoperabile. Solo così è possibile creare un ecosistema realmente connesso, dove l’AI possa lavorare su basi utili, verificate e affidabili.

L’AI si nutre di integrazione

Per abilitare questo scenario, occorrono soluzioni in grado di dialogare con l’intero sistema sanitario, senza vincoli di fornitore o formato. È il caso della piattaforma di integrazione di Philips Capsule, adottata in numerose realtà ospedaliere, che consente di raccogliere e trasmettere in tempo reale i dati clinici provenienti dai dispositivi medicali al letto del paziente, integrandoli nei sistemi informativi ospedalieri (EMR) attraverso standard come HL7 e FHIR.

Il risultato è duplice: da un lato si riducono gli errori manuali, dall’altro si abilitano funzionalità avanzate di monitoraggio remoto e analisi predittiva. Non è un dettaglio: è la condizione abilitante perché l’AI possa davvero supportare medici e infermieri nel processo decisionale.

philips sanità AI

Diagnostica più rapida, cura più tempestiva

L’AI sta già esprimendo tutto il suo potenziale a supporto della diagnostica. Un esempio concreto arriva dalla risonanza magnetica. L’algoritmo SmartSpeed, sviluppato da Philips, consente di aumentare la risoluzione di un’immagine fino al 65% e ridurre i tempi di scansione del 35%, mantenendo una compatibilità estesa con oltre il 90% dei protocolli clinici. Risultato: immagini più nitide e senza rumore che eliminano la necessità in alcuni casi di ripetere l‘esame perché l’immagine non è sufficientemente chiara, refertazione più rapida, liste d’attesa più corte.

Anche nella tomografia computerizzata l’impatto è significativo. Il sistema CT 5300 di Philips, integrando intelligenza artificiale, riduce fino all’80% la dose di radiazioni somministrata e fino all’85% il rumore dell’immagine, migliorando la visibilità dei dettagli a basso contrasto del 60%. Un vantaggio cruciale in ambiti come oncologia, cardiologia e screening a basso dosaggio, dove il margine tra efficacia clinica e rischio per il paziente è spesso molto sottile.

L’intelligenza artificiale non agisce solo sulla diagnostica per immagini. Altro ambito cruciale è quello della refertazione. Qui l’AI consente di automatizzare attività ripetitive e time-consuming, come la ricostruzione della storia clinica di un paziente oncologico. Anziché dover rileggere decine di referti, oggi è possibile ottenere in pochi secondi un riepilogo automatico e mirato, riducendo del 50% il tempo impiegato per i follow-up e liberando tempo dei clinici per attività a maggior valore.

philips sanità AI

Integrated diagnostics e second opinion automatizzate

Una delle frontiere più promettenti dell’applicazione dell’intelligenza artificiale in sanità è quella della diagnosi integrata (integrated diagnostics), che mette in relazione dati provenienti da discipline diverse – radiologia, medicina nucleare, anatomia patologica, cardiologia – per arrivare a diagnosi più accurate e rapide. È qui che l’AI generativa può fare la differenza, fungendo da “ponte” tra le informazioni e suggerendo percorsi diagnostici alternativi, basati sul confronto con migliaia di casi simili.

Pensiamo a un sospetto tumore polmonare: oggi il percorso diagnostico può durare settimane, tra TAC, PET, biopsie e ulteriori controlli. L’AI generativa può accorciare questi tempi, suggerendo già dalle prime fasi una diagnosi plausibile e attivando automaticamente una seconda opinione, coinvolgendo il giusto specialista al momento opportuno. Il beneficio è duplice: maggiore accuratezza e maggiore tempestività, che per alcune patologie può fare la differenza.

L’AI che si auto-addestra

Stiamo entrando in una fase nuova, in cui l’intelligenza artificiale sarà in grado di auto-addestrarsi. È il paradigma del self-supervised learning, che consente all’AI di generare immagini radiologiche sintetiche su cui migliorare le proprie capacità diagnostiche. Un modello che supera la necessità di grandi dataset etichettati manualmente e apre la strada a una scalabilità senza precedenti.

Ma perché questo sia possibile, è fondamentale disporre di infrastrutture informatiche robuste, capaci di gestire decine – o centinaia – di algoritmi in parallelo, in totale sicurezza. In questo scenario, sarà l’AI stessa, e non più il medico, a selezionare in tempo reale l’algoritmo più adatto in base al profilo clinico del paziente.

Conclusioni

È evidente che l’AI in sanità non è (solo) un tema tecnologico, ma è una leva di trasformazione organizzativa e culturale, all’interno di un ecosistema sanitario connesso, dove le tecnologie siano al servizio dei professionisti sanitari e dei clinici, della personalizzazione delle cure e della sostenibilità dei sistemi sanitari. È il momento di investire non solo in algoritmi intelligenti, ma in un’intelligenza più umana, distribuita e collaborativa.

Articoli correlati