Normative

AI Act, 50 stakeholder lanciano un appello: “L’Europa cambi rotta”



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Un gruppo composto da aziende, ricercatori e associazioni industriali ha inviato una lettera a Bruxelles chiedendo una revisione delle normative: “Regole troppo stringenti scoraggiano gli investimenti”

Pubblicato il 19 set 2024



European AI Office

Le normative frammentate dell’Unione Europea ostacolano l’innovazione, specialmente nel campo dell’intelligenza artificiale. Questo è quanto affermato da circa 50 aziende, ricercatori e associazioni industriali, tra cui Meta, Ericsson, Spotify e Engineering, in una lettera aperta che invita i responsabili politici e le autorità di regolamentazione dell’UE a sostenere lo sviluppo dell’AI in Europa. I firmatari, tra cui EssilorLuxottica, Prada, Pirelli e i gruppi pubblicitari francesi Publicis e Criteo, sostengono che l’Europa è diventata meno competitiva e innovativa rispetto ad altre regioni, rischiando di perdere ulteriormente terreno nell’era dell’intelligenza artificiale a causa di decisioni normative incoerenti.

Il problema principale, secondo queste aziende, risiede nelle norme sui dati, che creano incertezza e complicano l’addestramento dei modelli di intelligenza artificiale, scoraggiando così gli investimenti in innovazione. L’AI Act, entrato in vigore ad agosto, impone vincoli ai vari sistemi di AI in base ai rischi che rappresentano per la società. Per l’AI generativa, come ChatGPT di OpenAI, sono previste regole specifiche per garantire la qualità dei dati e il rispetto del diritto d’autore. La legge entrerà pienamente in vigore nel 2026, ma alcune disposizioni diventeranno vincolanti già dal prossimo anno.

Nell’AI l’UE rischia di rimanere indietro

Secondo la lettera, le recenti normative sono diventate frammentate e imprevedibili, generando incertezza sul tipo di dati utilizzabili per l’addestramento dei modelli di intelligenza artificiale. I firmatari chiedono decisioni armonizzate, coerenti, rapide e chiare sulla regolamentazione dei dati nell’UE. Senza regole coerenti, l’UE perderà terreno su due fronti cruciali per l’innovazione nell’AI: lo sviluppo di modelli “aperti” e dei recenti modelli “multimodali”. I modelli aperti, disponibili gratuitamente e modificabili da chiunque, moltiplicano i benefici e diffondono opportunità sociali ed economiche. Questi modelli rafforzano la sovranità e il controllo, permettendo alle organizzazioni di scaricarli e affinarli ovunque vogliano, senza dover inviare i propri dati altrove.

I modelli multimodali, che operano attraverso testo, immagini e voce, aprono nuove frontiere per la tecnologia AI. Questi modelli possono aumentare la produttività, guidare la ricerca scientifica e aggiungere centinaia di miliardi di euro all’economia europea. Senza modelli aperti e multimodali, lo sviluppo dell’AI avverrà altrove, privando gli europei dei progressi tecnologici di cui godono le imprese in Stati Uniti, Cina e India.

Per investire nell’innovazione servono regole comuni

Gli autori della lettera citano anche l’ex presidente del Consiglio Mario Draghi, che nel suo rapporto sulla competitività europea ha avvertito l’UE sulla necessità di “accelerare l’innovazione”, in particolare nella tecnologia digitale. Il rapporto chiede un “cambiamento radicale” verso una maggiore integrazione europea e una minore complessità burocratica. Secondo i firmatari, la capacità dell’UE di competere sull’AI e raccogliere i benefici dei modelli open source dipende dal suo mercato unico e da un regolamento normativo condiviso.

Perché aziende e istituzioni investano decine di miliardi di euro per costruire un’AI generativa per i cittadini europei, sono necessarie “regole chiare, costantemente applicate, che consentano l’uso dei dati europei”. Negli ultimi anni, tuttavia, il processo decisionale normativo è diventato frammentato e imprevedibile, e gli interventi delle autorità europee per la protezione dei dati hanno creato incertezza su quali tipi di dati possono essere utilizzati per addestrare modelli di intelligenza artificiale. Senza regole chiare, la prossima generazione di modelli di intelligenza artificiale open source e i prodotti e servizi costruiti su questi modelli non rifletteranno i valori, la cultura o le lingue europee.

L’appello delle aziende coordinate da Meta conclude: “L’Europa si trova di fronte a una scelta che avrà un impatto per decenni. Può riaffermare il principio di armonizzazione sancito da quadri normativi come il GDPR e offrire un’interpretazione moderna delle disposizioni GDPR che rispetti i suoi valori, permettendo all’innovazione dell’AI di avvenire in UE alla stessa scala e velocità che altrove. Oppure può continuare a rifiutare il progresso, contraddire le ambizioni del mercato unico e osservare come il resto del mondo si avvantaggia di tecnologie a cui gli europei non avranno accesso”.

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