Il tribunale di Torino, Sezione Lavoro, ha respinto in tronco il ricorso presentato per ingiunzione di pagamento e condannato il ricorrente per lite temeraria, avendo scoperto l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella redazione dell’atto, senza verificarne il contenuto prodotto dal momento che ha adottato argomentazioni fuor di senso. Così è stato censurato l’uso dell’AI. Scopriamo perché questa sentenza è importante e potrebbe fare scuola
Indice degli argomenti:
La vicenda: in fatto e in diritto
A inizio febbraio 2025 veniva depositato presso il Tribunale di Torino, Sezione Lavoro, un ricorso che impugnava una ingiunzione di pagamento circa diversi avvisi di addebito in materia previdenziale. Il ricorrente riempiva di contenuti tale ricorso eccependo svariate argomentazioni, tra cui la mancata notifica degli avvisi debitori, quando invece erano stati tutti ritualmente notificati.
Si costituivano in giudizio le controparti che contestavano integralmente le eccezioni sollevate e del tutto fuori contesto delineando “argomenti astratti e non ancorati alla causa”, scrive il Giudice torinese.
Il Tribunale adito accortosi dell’uso dell’AI, con motivazione articolata, ha preso posizione in merito fino a ravvisare, in questo caso, la lite temeraria.
Il Tribunale nell’argomentare, in diritto e di primo acchito, ha affermato “che le doglianze relative al merito della pretesa creditoria e alla validità̀ formale degli avvisi di pagamento erano state espresse in termini del tutto astratti, privi di connessione con gli specifici titoli impugnati e che, pertanto, risultano in larga parte inconferenti”. Così scopriva l’utilizzo dell’AI impiegato nella redazione del ricorso.
Di qui l’ulteriore passaggio, arrivando a condannare il ricorrente per lite temeraria, cioè a dire “punitiva” (art.96 c.p.c), addebitabile ogniqualvolta si verifica il sospetto che che la parte abbia “agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave”, determinando un risarcimento dei danni per aver “abusato del processo”. Si tratta di un indennizzo forfettario che viene concesso anche in assenza di (esplicita) richiesta.
L’utilizzo dell’AI negli atti giudiziari: attenzione ai risultati
Utilizzare l’intelligenza artificiale come strumento di redazione degli atti può essere, come in questo caso, altamente pericoloso. Specialmente se non si verifica il risultato prodotto, come in questo caso, che ha portato, peraltro, come anticipato, alla condanna per lite temeraria, a differenza di un altro precedente.
Al riguardo, il Tribunale motiva dicendo a chiare lettere che “La ricorrente ha infatti agito in giudizio con malafede o, quantomeno con colpa grave, dal momento che ha proposto opposizione nei confronti di avvisi di addebito che le erano stati tutti notificati in precedenza, già oggetto di plurimi atti di esecuzione anch’essi tutti regolarmente notificati ed ha svolto – tramite un ricorso redatto “col supporto dell’intelligenza artificiale”, costituito da un coacervo di citazioni normative e giurisprudenziali astratte, prive di ordine logico e in larga parte inconferenti, senza allegazioni concretamente riferibili alla situazione oggetto del giudizio – eccezioni tutte manifestamente infondate”. In pratica, una serie di allucinazioni evidentemente non intercettate.
Ecco che l’intelligenza artificiale può essere tanto uno strumento potente, quanto pericoloso, e lo stesso va utilizzato con competenza, responsabilità e supervisione umana.
Una lezione per tutti agli albori della legge sull’AI 132/2025
La sentenza ancorché di merito e quindi non ancora definitiva insegna, dunque, che il prodotto dell’intelligenza artificiale va assolutamente verificato, in ogni contesto, e specialmente in sede giudiziaria. Altrimenti può costare caro, fino a una (condanna per) lite temeraria.
Il tutto peraltro si va a collocare in un momento storico in cui, da poco, è stata promulgata la legge in materia di AI L. 132/2025, la quale all’art. 13, prevede “L’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale nelle professioni intellettuali è finalizzato al solo esercizio delle attività̀ strumentali e di supporto all’attività professionale e con prevalenza del lavoro intellettuale oggetto della prestazione d’opera”, imponendo (al comma II) al professionista l’obbligo di “comunicare” espressamente e in modo chiaro, al cliente l’uso di sistemi di AI.
Ciò per ragioni di trasparenza e non di meno di correttezza professionale. Aspettiamo di conoscere cosa diranno gli Ordini professionali in merito, e soprattutto attendiamo le prime applicazioni di una normativa appena nata, tanto sfidante quanto (già) discussa.





